Amministratori

Gare, sostituire l'impresa in crisi si può solo con un'azienda già presente nel gruppo

Lo ha chiarito l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato stabilendo un principio che dovrà essere seguito anche nei giudizi futuri

di Mauro Salerno

Nell'ambito di un raggruppamento di imprese non è possibile sostituire l'impresa finita in crisi finanziaria e non autorizzata dal tribunale a partecipare alla gara con una nuova azienda estranea al team. La "sostituzione" è ammessa solo in senso riduttivo, cioè attraverso l'eliminazione dell'impresa in crisi dal raggruppamento e con la copertura dei requisiti da parte delle altre aziende del gruppo. È uno dei principi stabiliti dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n.9/2021 pubblicata lo scorso 27 maggio.

Si tratta di una decisione destinata ad avere un impatto importante sul mercato, dove, in questi anni di crisi, la richiesta di cambiare in corsa le imprese partecipanti a un appalto, a causa di problemi finanziari, è diventata tutt'altro che un caso raro.

Di recente già il Tar Lazio aveva escluso la possibilità che la sostituzione in corsa potesse riguardare un'impresa capogruppo. Ora arriva la conferma dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, l'organo di Palazzo Spada deputato a risolvere le questioni più spinose, che estende il principio anche alle imprese mandanti.

Dopo aver ricostruito a lungo storia e quadro delle norme i giudici amministrativi concludono che la «sostituzione del mandante di un raggruppamento temporaneo di imprese, che abbia presentato domanda di concordato in bianco o con riserva e non sia stata utilmente autorizzato dal tribunale fallimentare a partecipare a tale gara» può avvenire soltanto attraverso l«a mera estromissione del mandante, senza quindi che sia consentita l'aggiunta di un soggetto esterno al raggruppamento». Inoltre i giudici chiariscono che «l'evento che conduce alla sostituzione interna, ammessa nei limiti anzidetti, deve essere portato dal raggruppamento a conoscenza della stazione appaltante, per consentirle, di assegnare al raggruppamento un congruo termine per la riorganizzazione del proprio assetto interno tale da poter riprendere correttamente, e rapidamente, la propria partecipazione alla gara».

Nella stessa sentenza i giudici risolvono altre questioni controverse. La più importante delle quali riguarda la possibilità o meno che la presentazione di una domanda di concordato in bianco o con riserva possa essere immediatamente punita con l'eslusione dalla gara. Sul punto la sentenza conclude che «la presentazione di una domanda di concordato in bianco o con riserva non integra una causa di esclusione automatica dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali, essendo rimesso in primo luogo al giudice fallimentare» «valutare la compatibilità della partecipazione alla procedura di affidamento in funzione e nella
prospettiva della continuità aziendale». Dunque niente cartellino rosso automatico, ma decisione rimessa al tribunale.

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