Fisco e contabilità

Legge di bilancio 2023 al palo: l’85,5% delle misure è inattuato

Il 31 marzo varati soltanto 21 dei 145 provvedimenti previsti dalla manovra

di Marco Rogari

La cosiddetta “messa a terra” del Pnrr non è la sola spina nel fianco del governo: anche l’attuazione della prima manovra targata Meloni procede a dir poco rilento. E se anche nelle prossime settimane l’andatura dovesse restare questa, Palazzo Chigi e il ministero dell’Economia saranno costretti a ricorrere a qualche rimedio. Anche perché da un dossier del Senato, messo a punto dal Servizio per la qualità degli atti normativi, emerge che al 31 marzo scorso dei 145 decreti e altri provvedimenti attuativi previsti dall’ultima legge di bilancio ne risultavano adottati non più di 21: appena il 14,5 per cento. Dopo tre mesi dall’entrata in vigore della manovra ben l’85,5% degli adempimenti era dunque ancora in sospeso. E il 24% delle misure attuative è già fuori tempo massimo, visto che sono 35 gli atti per i quali sono scaduti i termini per l’attuazione. Con la conseguenza, oltretutto, di bloccare risorse per quasi 2,5 miliardi.

Uno stop che riguarda circa un terzo della dote ancorata al processo attuativo. Complessivamente quasi il 45% di tutti provvedimenti per dare operatività alla legge di bilancio (63 testi) è accompagnato da uno stanziamento, per un totale di oltre 7,5 miliardi nel triennio 2023-2025 (più del 20% della portata complessiva della manovra). Che solo per una quota del 40% (più di 3 miliardi) sono legati a «misure che rinviano a provvedimenti attuativi non accompagnati da una scadenza». Più della metà di queste risorse, poco meno di 4 miliardi, è convogliata su quest’anno, mentre per il 2024 sono appostati oltre 2,1 miliardi (28%) e altri 1,46 miliardi (19%) per il 2025. Nel dossier si evidenzia che al 31 marzo risultavano emanati cinque provvedimenti collegati a finanziamenti pari a poco più di 1,5 miliardi (il 20% del totale). E che «a oggi, risorse per poco meno di 2,5 miliardi di euro si riferiscono ad atti con termine di scadenza nel primo trimestre del 2023, non ancora adottati».

Quello dell’attuazione, insomma, continua a confermarsi uno dei terreni più impervi su cui è chiamato a muoversi il governo a prescindere dalla tipologia del veicolo legislativo o della riforma. Tra gli atti che nei primi tre mesi dell’anno non hanno rispettato la “deadline” c’è anzitutto, in ordine cronologico, quello a carico del ministero dell’Economia sull’individuazione degli intermediari finanziari abilitati per l’adozione, con apposita convenzione, di pratiche finalizzate a facilitare la liquidità e assicurare la fluidità dei mercati finanziari nei quali si determina il valore di riferimento del prezzo del gas. Ma nella lista nera ci sono pure il decreto del ministero delle Imprese e del made in Italy sul riparto del fondo in favore delle imprese che operano nel settore della ceramica artistica e del vetro artistico di Murano, il Dpcm sull’erogazione del contributo straordinario alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza che garantiscono servizi sociosanitari e socioassistenziali agli anziani. E ancora: il decreti del Mef sulla definizione delle modalità telematiche di comunicazione, da parte dei soggetti passivi ai comuni interessati, delle informazioni per ottenere l’esenzione Imu sugli immobili occupati e quello, sempre del ministero dell’Economia, sull’attivazione del tavolo permanente con il compito di trovare soluzioni per mitigare l’incidenza dei costi delle transazioni elettroniche di valore fino a 30 euro (il Pos) a carico degli esercenti attività di impresa, arti o professioni.

In stand by, tra le varie voci, anche la ripartizione di uno dei fondi per il turismo settore in chiave competitività e di una fetta delle risorse per il ministero della Cultura, così come la distribuzione di quelle destinate ai ministeri per potenziare le competenze in materia di spending review. E su un binario morto, almeno per ora, pure i contributi per la realizzazione delle tratte metropolitane di Milano M4.

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