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Bologna, laboratorio della sinistra che integra il M5S alla prova dell'astensione

Tra Lepore e Battistini differenze marcate sul peso del pubblico e sul Passante

di Ilaria Vesentini

«In una città dell’importanza e del calibro internazionale di Bologna e in una tornata elettorale che vede nei grandi capoluoghi italiani come Milano, Roma, Napoli sfidarsi ex ministri, magistrati e leader di partito ci si aspetterebbe un duello tra fuoriclasse e non una partita tra due candidati deboli, quasi dei signor nessuno». Non usa perifrasi il politologo Paolo Pombeni, professore emerito dell’Università di Bologna, nel commentare l’imminente voto nella sua città adottiva, dove è data per scontata la vittoria al primo turno del centrosinistra guidato da Matteo Lepore, da dieci anni assessore della Giunta di Virginio Merola e suo delfino predestinato. I pronostici per il contendente Fabio Battistini, piccolo imprenditore di area cattolica, sceso in lizza prima di avere il sostegno delle destre (ora è appoggiato da Lega, Fdi, Forza Italia, Bologna ci piace, Popolo della famiglia) è che non arrivi al 40%, lasciando a Lepore lo stesso largo margine del 60% che gli permise in giugno di battere alle primarie la sindaca di San Lazzaro, Isabella Conti di Italia Viva.

«Qui pesa troppo la burocrazia politica, che premia chi tira avanti la baracca, a prescindere dalla statura, questo è il problema storico di Bologna», commenta il politologo ricordando i comunisti Fanti, Zangheri, Imbeni che hanno portato la città ai vertici del Paese. Lepore, 40 anni di cui oltre la metà passati a far politica, va fiero della vocazione e del mestiere imparato sul campo e vanta l’appoggio non solo del fortissimo mondo cooperativo ma di sette liste, inclusi i grillini e la sardina Mattia Santori. E prende il testimone di dieci anni di mandato Merola, suo “padre spirituale”, all’insegna della buona gestione della cosa pubblica, senza faville ma anche senza scandali, che di questi tempi non è poca cosa. Tanto che a Roma, dove il Pd per governare è costretto ad andare a braccetto con la Lega, c’è chi pensa che Bologna possa diventare il laboratorio della nuova sinistra italiana capace di integrare le fronde popolar-populistiche.

Dal punto di vista dei programmi solo su due punti le distanze tra Lepore e Battistini sono smaccate: il peso del pubblico (Lepore immagina un “Comune da combattimento” con un ruolo forte di attore e committente di investimenti e poco spazio per il privato nella sanità, visione che mal si attaglia a un imprenditore) e il Passante di Bologna, che la sinistra ha blindato nella versione “di mezzo”, per ampliare l’attuale sede di tangenziale e autostrada, mentre Battistini riporta in auge la soluzione a sud, per non bloccare con anni di cantieri il crocevia più intasato d’Italia. Per il resto i venti punti della “Nuova Fabbrica del Programma”, come Lepore ha battezzato il percorso partecipativo di idee volto a fare di Bologna «la città più progressista d’Italia» e la piattaforma di Battistini al motto “Dai mò! Bologna” usano slogan diversi per arrivare a obiettivi analoghi: più verde, più mobilità, più lavoro. Lepore promettendo sei nuovi grandi parchi cittadini, un Tribunale dei diritti fragili, 100 milioni per le scuole e i nidi, un nuovo quartiere periferico per la vita notturna dei giovani. Battistini cavalcando invece la lotta al degrado (eliminando la raccolta porta a porta in centro), la creazione di 20mila parcheggi in più, la privatizzazione della Fiera.

L’appuntamento dei prossimi 3 e 4 ottobre non entusiasma nessuno e il rischio astensionismo è considerato altissimo, anche perché alla disaffezione politica si somma il ponte per il patrono di Bologna (San Petronio, lunedì 4 ottobre) che potrebbe indurre molti bolognesi a preferire una gita fuori porta alla coda al seggio elettorale, non essendoci il rischio che destra ed estremismi sfondino le porte di Palazzo d’Accursio.

Nell’ombra, con pronostici di pochi punti percentuali rastrellati alle urne, si muovono gli altri sei candidati in lizza: l’ex sindaco di Castenaso, Stefano Sermenghi (che guida una lista di destra promossa dal primo espulso del M5s, Giovanni Favia e dall’ex leghista Manes Bernardini); Dora Palumbo (Sinistra Unita per Bologna, ex grillina sostenuta dalla sinistra anti-Lepore); la giovane musicista e attivista precaria Marta Collot con la lista di Potere al Popolo; lo psicologo no-vax Andrea Tosatto sostenuto da 3V–Verità libertà; Federico Bacchiocchi con il Partito comunista dei lavoratori e il meridionalista Luca Labanti con la Lista Movimento 24 agosto per l’Equità territoriale.

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