Appalti

Idroelettrico, in scadenza nove concessioni su dieci ma Trento vara la proroga

La Provincia di Trento vuole una procedura alternativa a quella delle gare

di Cheo Condina

La Provincia di Trento prova a fare da apripista sulla proroga onerosa delle concessioni idroelettriche italiane – che per l’86% scadranno entro il 2029 – come alternativa alle gare.

A tracciare la strada è un disegno di legge approvato dall’Ente autonomo pubblicato, e dunque già in vigore, lo scorso 9 dicembre: da quel momento è scattato l’orologio dei 60 giorni a disposizione del governo per una eventuale impugnativa. Per questo, tutte le grandi utility (Enel, A2A, Edison, Iren, Alperia e Cva) guardano con grande interesse alla partita trentina che, a prescindere dall’esito finale, potrebbe rappresentare un esempio calzante per rivedere la normativa di settore a livello nazionale e sbloccare investimenti quantificabili in circa 9 miliardi di euro.

La posta in gioco è alta, a maggior ragione alla luce del contesto geopolitico ed energetico globale, in cui l’Italia ha l’obiettivo di svincolarsi il prima possibile dal gas russo. L’idroelettrico resta oggi, sia nel mondo sia in Italia (con oltre il 40%), la prima fonte rinnovabile per la produzione di elettricità, con l’ulteriore vantaggio di essere programmabile. Il nostro Paese è il terzo in Europa per potenza idroelettrica, ma è di fatto l’unico ad avere deciso – sotto il primo governo Conte – di renderla contendibile, prevedendo procedure concorrenziali per riassegnare le concessioni in scadenza: un boccone prelibato per big e fondi esteri oggi a caccia di investimenti green.

In Europa la disomogeneità normativa sul tema regna sovrana ma la Francia, per esempio, ha già formalizzato una proroga delle concessioni al 2041 mentre in Finlandia, Norvegia e Svezia le stesse hanno addirittura durata illimitata.

L’Italia, nonostante il richiamo del Copasir alla strategicità della questione e le proposte degli operatori a investire in maniera massiccia su asset ormai datati (il 70% ha più di 40 anni), è invece andata avanti per la propria strada. Il Dl Concorrenza, l’anno scorso, ha spostato a fine 2023 il termine entro cui indire le gare sulle concessioni scadute, ad oggi circa il 20%, creando una cornice normativa in cui le Regioni potranno poi muoversi con una relativa autonomia (e dunque ulteriore disomogeneità), senza tuttavia prevedere in alcun modo la proroga onerosa approvata invece da Trento. Quest’ultima, va ricordato ha allungato dal 2024 al 2029 17 grandi concessioni idroelettriche già scadute nel 2020, come riportato da Radiocor.

La partita è anche politica. L’impulso principale al meccanismo delle gare era arrivato dalla Lega in Lombardia, dove l’idea – secondo alcuni osservatori – era quella di creare una società regionale dell’idroelettrico, progetto poi arenatosi. Un percorso che, in ogni caso, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha più volte bocciato negli ultimi anni richiamando la strategicità nazionale della risorsa idroelettrica: un concetto che ben si sposa con il ruolo sempre più centrale giocato dallo Stato, non solo in Italia, nell’attuale crisi energetica. Sempre da un esponente della Lega Nord, il governatore della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti, è arrivata ironia della sorte l’iniziativa per una proroga onerosa della concessione, “in cambio” di investimenti con un altissimo potenziale di indotto.

Prima di fare la propria mossa, Fugatti avrebbe consultati vari ministri, tra cui il numero uno del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, e quello degli Affari Regionali, Roberto Calderoli, sul cui tavolo oggi c’è il dossier trentino. Ecco perché c'è chi scommette che, al di là dell’eventuale impugnazione o meno dello stesso, la questione idroelettrica potrebbe arrivare presto a una svolta cruciale per tutto il settore: Iren e A2A hanno quasi la metà dei propri impianti con concessioni scadute, Edison oltre il 70%, per Enel la questione si porrà nel 2029 che, per asset di questo genere, è breve periodo.

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