Personale

Al dipendente in part time non occorre l'autorizzazione per lavorare in un altro ente

La normativa consente una deroga al principio di incompatibilità in relazione al regime orario

di Amedeo Di Filippo

I dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale superiore al 50% non hanno bisogno della autorizzazione allo svolgimento di attività extralavorativa retribuita, in quanto la normativa consente una deroga al principio di incompatibilità qualora il lavoratore svolga una prestazione con tale regime orario. Lo afferma la sezione lavoro della Cassazione con la sentenza n. 22497 del 18 luglio.

Il fatto
Un dipendente comunale ha chiesto al Tribunale che fosse dichiarato nullo il licenziamento intimatogli a causa del fatto che aveva in corso un altro rapporto di lavoro subordinato a tempo parziale con un altro comune, mai comunicato né autorizzato. Il Tribunale ha accolto il ricorso sul presupposto che il dipendente, essendo impiegato a 18 ore (50%), non fosse soggetto alla disciplina autorizzativa degli incarichi di cui all'articolo 53 del Dlgs 165/2001, trovando applicazione la deroga prevista dal comma 6. Il comune ha proposto appello, che è stato ha respinto, per cui ha ricorso per cassazione, ritenendo che la corte territoriale non avrebbe tenuto conto della violazione dell'articolo 1, commi 58, 60, 61 e 62, della legge 662/1996, che vietano la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale qualora l'attività lavorativa intercorra con un'amministrazione pubblica e prescrivono che i dipendenti degli enti locali possano svolgere prestazioni per conto di altri enti previa autorizzazione rilasciata dall'amministrazione di appartenenza.
Il Comune ha sostenuto che il dipendente, pur avendo diritto ad accedere al lavoro part-time, avrebbe dovuto essere autorizzato a instaurare un rapporto di pubblico impiego con un altro ente locale. Una tesi che sarebbe avallata anche dall'articolo 92 del Tuel, a mente del quale i dipendenti a tempo parziale possono prestare attività lavorativa presso altri enti purché autorizzati dall'amministrazione di appartenenza.

Le norme
Nel rigettare a sua volta il ricorso, la Cassazione ripercorre la normativa sul regime delle incompatibilità dell'impiego pubblico, che affonda le radici nel principio costituzionale di esclusività della prestazione lavorativa a favore del datore pubblico espressa dall'articolo 98, comma 1, della Costituzione. A partire dagli articoli 60 e seguenti del Dpr 3/1957 per passare all'articolo 58 del Dlgs 29/1993, trasfuso nell'articolo 53 del Dlgs 165/2001, e approdare alla legge 662/1996 sul rapporto di lavoro a tempo parziale. Confuta la tesi del comune ricorrente perché non tiene conto della disciplina complessiva. L'articolo 53, comma 1, del Dlgs 165/2001 prevede per i rapporti di lavoro a tempo parziale la deroga di cui all'articolo 1, commi 57 e seguenti della legge 662/1996, deroga che non si estende al comma 56, il quale stabilisce che le disposizioni che vietano l'iscrizione in albi professionali non si applicano ai dipendenti pubblici con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al 50%. Per questi, dunque, non si applica l'articolo 53, comma 1, del Dlgs 165/2001 e non a caso il comma 6 stabilisce che non si applicano ai dipendenti con part time al 50% i commi da 7 a 13, che sono proprio quelli che regolano l'autorizzazione degli incarichi, il versamento del compenso per l'incarico non consentito, il divieto di conferimento di incarichi a dipendenti di altre amministrazioni senza la previa autorizzazione, la richiesta di quest'ultima e la relativa procedura.

L'autorizzazione
Da questa ricostruzione la Suprema Corte fa derivare che il divieto di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale qualora l'attività lavorativa di lavoro subordinato intercorre con un'amministrazione pubblica non può riferirsi ai dipendenti con part time al 50%. Anche il comma 58-bis, per il quale i dipendenti possono svolgere prestazioni per conto di altri enti previa autorizzazione rilasciata dall'amministrazione di appartenenza, per la Cassazione deve essere letto "nella sua interezza": qui è infatti previsto che le amministrazioni provvedono a indicare le attività che, in ragione della interferenza con i compiti istituzionali, sono comunque non consentite ai dipendenti con rapporto al 50% e che i dipendenti degli enti locali possono svolgere prestazioni per conto di altri enti previa autorizzazione rilasciata dall'amministrazione di appartenenza. Secondo la Corte, per i dipendenti degli enti locali è quindi possibile chiedere comunque un'autorizzazione anche in questi casi, posto che l'onere di individuare le attività non consentite riguarda solo le amministrazioni centrali.

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