Fisco e contabilità

Vertice governo-enti locali, sul tavolo la revisione del Pnrr

Nel pacchetto anche il 7,5% dei fondi di coesione e le risorse che possono uscire dal Piano ripensato

di Manuela Perrone e Gianni Trovati

Il primo compito nel calendario del RepowerEu a cui il governo italiano sta lavorando con la Commissione europea sarà quello di finanziare il nuovo giro di aiuti a imprese e famiglie contro il caro energia, perché il 1° aprile si avvicina e con lui il tramonto dei sostegni offerti dall’ultima legge di bilancio. Ma l’orizzonte del programma guarda anche più avanti, e punta a ospitare una quota degli investimenti oggi accasati nel Pnrr ma in difficoltà con l’arco temporale del piano che si chiude nel 2026.

La strategia della revisione complessiva dei finanziamenti Ue che il governo sta negoziando con la Commissione prende forma nella cabina di regia sul Pnrr riunita ieri nella sala monumentale della presidenza del Consiglio a Largo Chigi. Il vertice ha messo a confronto governo, regioni ed enti locali, anche in vista della Conferenza Unificata di oggi in cui gli amministratori territoriali dovrebbero dare il parere al decreto Pnrr-3. Ma il cuore dell’incontro, guidato dal ministro per il Pnrr Raffaele Fitto affiancato dal collega agli Affari regionali Roberto Calderoli, si è concentrato sul cantiere del RepowerEu, perno intorno al quale ruota tutto il ridisegno della gestione degli aiuti comunitari.

L’idea studiata a Roma, e oggetto dei pazienti (e silenziosi) negoziati condotti ogni settimana da Fitto a Bruxelles, è quella di ricollocare i vari progetti finanziati dai fondi comunitari sui binari più adatti ai loro tempi di realizzazione. Perché è bastato poco più di un anno per capire che una fetta degli investimenti targati Pnrr difficilmente potrà essere completata entro il 2026: per cui una parte, in particolare nel Mezzogiorno per non inciampare nei vincoli sulla distribuzione territoriale delle risorse, potrebbe traslocare sotto il cappello dei fondi di coesione che hanno il vantaggio di allungarsi fino al 2029. Nel traffico dei progetti entrerebbero in gioco anche i fondi nazionali di sviluppo e coesione, sempre in base al criterio della migliore opportunità.

In questo contesto prende forma il RepowerEu. Che, ha spiegato Fitto, sarà basato sui 2,7 miliardi della quota italiana decisa in Europa e sul 7,5% delle risorse della coesione (circa 3,2 miliardi). A questa base da 6 miliardi, almeno nelle intenzioni italiane, si aggiungerebbe un pezzo del Pnrr che ha bisogno di tempi più lunghi e risorse dal mercato Ets, quello delle aste sulle emissioni di C02.

Il RepowerEu, pensato per sostenere gli Stati in una transizione energetica resa ancora più urgente dall’inflazione, ha molto in comune con il Pnrr intrecciandone uno degli obiettivi trasversali. Ma ha anche un impegno più immediato: perché il 31 marzo scadono gli attuali aiuti sulle bollette, e nonostante il calo dei costi del gas ci sarà bisogno di altri interventi. Per le imprese, prima di tutto, ma anche per le famiglie. Da lì potrebbe quindi arrivare benzina per i nuovi interventi, che punteranno anche a incentivare forme di risparmio energetico. E su questo terreno si innesterà il capitolo più strutturale degli investimenti del RepowerEu.

A preoccupare il governo è l’esigenza di costruire il consenso con gli enti locali, oltre che con la Ue, sulla revisione in corso. I sindaci (erano presenti per l’Anci il presidente Antonio Decaro e il coordinatore delle Città metropolitane Dario Nardella), che domani incontreranno i vertici di Confindustria per confrontarsi proprio sui progetti delle città nel Pnrr, sottolineano che i bandi degli investimenti di cui sono soggetti attuatori sono già partiti e quindi una revisione è difficile. Ma più preoccupate sono le Regioni, ieri rappresentate dal governatore della Liguria Giovanni Toti, che temono di perdere margini di autonomia nella gestione dei fondi di sviluppo e coesione. Ma il tasso di utilizzo dell’ultima programmazione, rimarca Fitto, non offre argomenti a favore.

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