Personale

Spazzacorrotti, va risarcita l’ingiusta detenzione

Da riparare il diniego a misure alternative per fatti pregressi

di Patrizia Maciocchi

Via libera al risarcimento per l’ingiusta detenzione dovuta della mancata sospensione dell’esecuzione della pena detentiva, decisa nei confronti dei condannati, per reati contro la Pa, commessi prima dell’entrata in vigore della cosiddetta Spazzacorrotti.

Hanno, infatti, sbagliato i giudici, del Tribunale di sorveglianza prima e della Corte d’Appello poi, nel considerare immediatamente applicabile una disciplina (legge 3/2019) che - nel rispetto del principio di irretroattività delle norme peggiorative in materia penale - avrebbe dovuto operare esclusivamente per il futuro. Un vulnus rilevato dalla Corte costituzionale che, con la sentenza 32/2020, ha bollato come illegittimo l’articolo 1 (comma 6, lettera b) della legge, per la parte in cui consentiva di applicare retroattivamente norme che trasformano la pena “fuori” dal carcere in pena da scontare “dentro” il carcere.

La Cassazione, con la sentenza 9721, riconosce il diritto all’equa riparazione per l’ingiusta detenzione patita a causa di un errore nell’ordine di esecuzione. Un “ristoro” che va assicurato senza distinzioni. E deve quindi riguardare anche l’ipotesi della mancata sospensione della esecuzione della pena detentiva, pari o superiore a tre anni, inflitta per un fatto commesso e con un accertamento avvenuto prima dell’operatività della legge 3/2019.

Del principio affermato dalla Suprema corte beneficia il ricorrente, condannato a tre anni per peculato nel 2017, per fatti avvenuti prima del 2014.

Il Pm aveva emesso e contestualmente sospeso l’ordine di esecuzione, per dare modo al condannato di chiedere, entro 30 giorni, una misura alternativa.

La richiesta di affidamento in prova al servizio sociale era stata però dichiarata inammissibile dal Tribunale di sorveglianza il 25 marzo 2020. La ragione del no stava nell’entrata in vigore della Spazzacorrotti (1°gennaio 2020), secondo la quale il reato oggetto di condanna era ostativo ai benefici penitenziari, con deroghe per i collaboratori di giustizia.

I giudici di legittimità ricordano che la Consulta con la sentenza 32 ha sottolineato che tra lo scontare una pena “fuori” e scontarla “dentro” c’è una differenza radicale «qualitativa, prima ancora che quantitativa, perché è profondamente diversa l’incidenza della pena sulla libertà personale». Ed è stata sempre la Corte costituzionale (sentenza 310/1996) ad aprire, le porte dell’equa riparazione per una carcerazione patita ingiustamente a causa di un errore nell’ordine di esecuzione, che sia in contrasto con la Carta e con la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. Una norma sovranazionale che prevede il diritto alla riparazione per tutte le vittime di arresto o di detenzioni ingiuste. L’assenza di distinguo consente alla Cassazione di estendere il principio anche al no alla detenzione alternativa nel caso della Spazzacorrotti.

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