Personale

Lavoratrici in maternità, sì al salario accessorio ma non ai buoni pasto

La dipendente che non effettua la pausa pranzo e non raggiunge le sei ore di lavoro giornaliere per via de permessi per allattamento

di Consuelo Ziggiotto e Salvatore Cicala

Alla lavoratrice assente per interdizione anticipata, congedo di maternità, congedo parentale e allattamento deve essere riconosciuto il trattamento economico accessorio, quali le indennità e i premi di produttività. In linea di principio, gli istituti contemplati dal Dlgs 151/2001, stanti le loro funzioni di protezione, non possono avere incidenza negativa sul trattamento retributivo complessivo.
L'attribuzione del buono pasto, nel caso di fruizione dei permessi giornalieri per allattamento, è condizionata all'effettuazione della pausa pranzo che, a sua volta, presuppone, come regola generale, che il lavoratore osservi un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore (oppure altro orario superiore minimo indicato dalla contrattazione collettiva). In questi termini si è espressa la Corte di Cassazione, sezione Lavoro, nell'ordinanza n. 16929/2022.

L'ordinanza conferma in primo luogo il principio ormai consolidato della giurisprudenza secondo cui in tema di pubblico impiego privatizzato, le misure di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al Dlgs n. 151 del 2001, hanno la funzione di proteggere la salute della donna ma anche quella di soddisfare le esigenze puramente fisiologiche del minore, nonché di appagare i bisogni affettivi e relazionali del bambino per realizzare il pieno sviluppo della sua personalità. Da ciò consegue che l'essere lavoratore genitore, in linea generale, non comportare un'incidenza negativa del trattamento retributivo complessivo e dunque da escludere una parametrizzazione automatica degli incentivi in relazione a tali tipologie di assenze.

Diverso è il discorso per il riconoscimento del buono pasto nel caso di fruizione del permesso giornaliero per allattamento. L'ordinanza, nel richiamare una pronuncia della stessa Corte (sentenza n. 31137/2019), afferma che la dipendente che non effettua la pausa pranzo e non raggiunge le sei ore di lavoro giornaliere per via della fruizione dei permessi per allattamento non matura il diritto al buono pasto. Ciò in quanto l'attribuzione dei buoni pasto l'attribuzione dei buoni pasto non riguarda né la durata né la retribuzione del lavoro, ma è finalizzata a compensare l'estensione dell'orario lavorativo disposta dalla pubblica amministrazione, con una agevolazione di carattere assistenziale diretta a consentire il recupero delle energie psico-fisiche.

Il diritto ai buoni pasto ha natura assistenziale e quindi non ha rilievo l'assimilazione delle ore di permesso a quelle di lavoro ai fini della retribuzione, perché il riconoscimento dei buoni pasto non ha appunto valenza retributiva; pertanto, le ore di permesso non sono utili all'integrazione del requisito del superamento delle sei ore.

Ricordiamo che ad analoghe conclusione è giunto il ministero del Lavoro e delle politiche sociali con l'interpello n. 2/2019.

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