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Sanità, via ai contratti di sviluppo

Il ministro della Salute Speranza firma gli accordi con ogni Regione per sbloccare 8 miliardi di investimenti

di Marzio Bartoloni

È partito il conto alla rovescia per gli investimenti nelle Regioni della missione Salute del Pnrr: ieri il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato i primi 15 Contratti istituzionali di sviluppo con altrettante governatori di Regioni e oggi lo farà con i restanti presidenti provando a blindare con questi «patti di ferro» oltre 8 miliardi, di cui il 41% destinato alle Regioni del Sud. I fondi serviranno in particolare per costruire la nuova Sanità del territorio con 600 centrali operative territoriali entro il 2024 e poi 1.350 case di comunità e 400 ospedali di comunità entro la prima metà del 2026; ma le risorse serviranno anche per potenziare gli ospedali con 7.700 posti letto in terapia intensiva e semi-intensiva e con la digitalizzazione di 280 pronto soccorso oltre a 300 interventi anti sismici.

Fin qui l’attuazione esecutiva del Pnnr con i bandi che partiranno entro fine 2022 e con la stragrande maggioranza delle Regioni che si dovrebbero far assistere nella messa a punto delle gare da Invitalia ad eccezione di cinque regioni (Veneto, Trento, Abruzzo, Sicilia e Campania). Il ministro Speranza nel frattempo sta lavorando in queste ore anche a un altro tassello importante della Sanità futura e cioè il nuovo ruolo dei medici di famiglia. Una norma che dovrebbe entrare come emendamento al decreto Pnrr 2 punta infatti a trasformare il loro rapporto da libero professionale a para-subordinato con il vincolo di dover lavorare almeno 18 ore settimanali nelle nuove Case di comunità previste proprio dal Piano di ripresa e resilienza.

Al via 21 contratti di sviluppo

I contratti istituzionali di sviluppo (Cis) appena firmati dal ministro Speranza e dai governatori sono uno strumento nuovo di zecca per la Sanità e prevedono una serie di strumenti- piani operativi, cronoprogrammi, tavoli istituzionali, nuclei tecnici - per garantire il raggiungimento di target e milestone europei della missione 6 (Salute) senza sforare i tempi, cosa che farebbe perdere i fondi. E con la possibilità prevista sempre dal Cis per il ministro della Salute di far scattare i poteri sostitutivi in caso di ritardi e inadempienze.

Tra ieri e oggi si completa dunque uno degli obiettivi previsti entro giugno dal calendario del Pnrr e cioè la sottoscrizione tra ciascuna Regione e il ministero della Salute di questo contratto, corredato da un piano operativo regionale che indice per ogni investimenti cronoprogramma e ubicazione territoriale delle nuove strutture. In particolare gli 8 miliardi serviranno innanzitutto per attivare 602 Centrali operative territoriali con la funzione di collegare e coordinare i servizi domiciliari con vari servizi territoriali, sociosanitari e ospedalieri e con la rete di emergenza, ma anche per far nascere 1.350 Case di comunità dove lavoreranno medici, infermieri e altri operatori per prime cure e diagnosi, in particolare per i pazienti cronici. In pista anche 400 Ospedali di comunità con una funzione intermedia tra domicilio e ospedale, con la finalità di evitare ricoveri impropri e favorire dimissioni protette.

Ma lo strumento dei contratti di sviluppo sarà impiegato anche per il rafforzamento degli ospedali travolti soprattutto durante le prime ondate del Covid:  si aggiungeranno 7.7oo posti letto nelle terapie intensive e sub intensive e si ammoderneranno 280 pronto soccorso (stanziati 2,8 miliardi) , si acquisteranno oltre 3.100 apparecchiature tra Tac, Rmn e mammografi (1,1 miliardi) e si metteranno in pista interventi per la sicurezza a livello sismisco degli ospedali (1,6 miliardi).

Fondamentale sarà il «Tavolo istituzionale» del Cis , un organismo di concertazione che si riunirà ogni sei mesi o quando necessario dove siedono i ministri della Salute e dell'Economia (o i loro delegati) e i governatori (o i loro delegati) per valutare l'andamento dei progetti e procedere in caso si presentino ostacoli e colli di bottiglia.

Il ruolo dei medici di famiglia

I medici di famiglia sono finiti più volte nel mirino durante i due anni di pandemia per un ruolo piuttosto marginale nella lotta al virus. Da più parti, a cominciare dalle Regioni, sono arrivate pressanti richieste per modificare il loro rapporto di lavoro che oggi è libero professionale e regolato da una convenzione con il Servizio sanitario nazionale. Un rapporto che rende difficile la loro completa integrazione con la programmazione regionale, come ha dimostrato a esempio il loro apporto residuale nella campagna vaccinale contro il Covid o in quella dei tamponi. Allo studio del ministero della Salute ora c’è una norma che potrebbe entrare come emendamento nel decreto Pnrr 2 che introduce un orario di 38 ore settimanali di cui 20 da dedicare ai propri studi e le altre 18 da svolgere nelle Case di comunità che nasceranno grazie al Pnrr. Il rapporto di lavoro diventerebbe dunque quasi di para-subordinazione: la norma darebbe indicazioni precise al Comitato di settore che lavorerà all’atto di indirizzo da cui prenderà vita la nuova convenzione che dovrà cambiare definitivamente il volto della medicina di famiglia.

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