Urbanistica

Abusi, la tolleranza della Pa sulla demolizione non significa che l'immobile può essere sanato

Lo ribadisce il Tar Lazio rigettando il ricorso degli eredi di tre locali realizzati senza titolo

di Davide Madeddu

La tolleranza dell'ente locale tra l'accertamento di un abuso e l'ordinanza di demolizione non genera alcun tipo di aspettativa o di effetti da consentire al proprietario originario del bene di mantenere il cespite. Inoltre il potere di controllo e vigilanza dell'amministrazione pubblica non si affievolisce con il trascorrere del tempo. Sono alcune delle motivazioni con cui il Tar del Lazio, con la sentenza 10111/2022 ha respinto il ricorso contro Roma Capitale in merito all'ordinanza che imponeva la demolizione di due locali adibiti a magazzino e una voliera per galline realizzati tutti senza titolo.

Il caso nasce nel 2012 quando il ricorrente riceve la determinazione dirigenziale con cui viene ingiunta la demolizione di tre opere abusive (un manufatto di 7 x 7 x 3 metri in muratura, coperto a tetto a due falde, adibito a magazzino; un altro manufatto con dimensioni 10x5x3 metri con struttura in legno, coperto con eternit ed adibito a magazzino; e un manufatto con dimensioni 34x7x3,50 adibito ad allevamento avicolo). Opere, come sottolinea il ricorrente, realizzate per «esigenze di natura strettamente lavorativa e familiare, traendo da essi il reddito necessario al sostentamento proprio e della famiglia».

Nel ricorso anche la precisazione che le opere «sono da tempo terminate; che l'accertamento dal quale è scaturito il provvedimento è risalente nel tempo (verbale del 19.5.1998)». Il ricorrente censura l'atto per «eccesso di potere (la demolizione viene ingiunta entro trenta giorni a fronte di opere risalenti nel tempo e sulla base di un accertamento di oltre quattordici anni prima; il contesto dei luoghi risulta mutato; non sarebbero chiaramente esposti i presupposti motivazionali dell'atto; non sussisterebbe adeguata comparazione tra gli interessi pubblici e privati)».

Segue il decesso del ricorrente e si costituiscono in prosecuzione gli eredi che con la memoria del marzo 2018 chiedono l'accoglimento del gravame.

I giudici amministrativi, andando al merito, sottolineano che «non è predicabile una qualsiasi rilevanza del tempo trascorso tra l'ordine di demolizione – rimasto inoppugnato – ed il successivo atto con il quale l'Ufficio si predispone alla riduzione in pristino dell'area interessata dall'intervento abusivo, dopo aver accertato l'inottemperanza». Quanto al tempo trascorso, i giudici del Tar sottolineano che «la tolleranza che l'Ente ha mantenuto nel tempo è una condizione di mero fatto che, ancorché oggettivamente favorevole all'autore dell'abuso, non genera alcun tipo di aspettativa o di effetti tali da consentire al proprietario originario del bene inciso dall'edificazione abusiva di mantenerne il cespite, dal momento che quest'ultimo è transitato nella proprietà del Comune e non è prospettabile alcuna estinzione del diritto di proprietà (e tantomeno della proprietà demaniale) per inerzia».

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