Progettazione

Architettura, gli edifici si adattano al clima: così le città guardano al futuro

Roma è una delle cento città europee scelte dalla Commissione europea come laboratorio per accelerare la sfida per la sostenibilità

di Paola Pierotti

Roma ha visto aumentare la temperatura media di due gradi negli ultimi 50 anni e ha il numero più alto di impatti da eventi estremi registrati nelle città italiane tra il 2010 e il 2022. Il contrasto ai cambiamenti climatici è un obiettivo prioritario per la Capitale, che è una delle cento città europee scelte dalla Commissione europea come laboratorio per accelerare la sfida per la sostenibilità nella direzione della decarbonizzazione con il programma “100 carbon neutral and smart cities by 2030”; inoltre, la città capitolina è l’unica in Italia ad avere un Ufficio Clima strettamente collegato con il gabinetto del sindaco, per poter incidere sulle politiche dei diversi assessorati.

Edoardo Zanchini, direttore dell’Ufficio Clima (e co-autore del libro “Il clima cambia le città”), sottolinea che la sfida e l’impegno hanno ricadute dirette sulla mobilità sostenibile, l’efficienza energetica, la chiusura del ciclo dei rifiuti e la forestazione urbana. Parliamo di un modo nuovo di progettare e gestire gli spazi urbani e le infrastrutture, con un appello perché tutti facciano la propria parte, privati compresi. Si cambia mentalità: si progetta con un’idea di futuro in mente.

«L’aumento della temperatura, le piogge, gli allagamenti mettono in crisi la gestione della città che non è più un tema rimandabile, e di cui risente anche l’economia. Tra i quartieri più interessati – racconta Zanchini, con una lunga esperienza sul campo anche da vicepresidente di Legambiente – ci sono quelli che scontano gli errori del passato, con costruzioni in zone complicate dal punto di vista della falda, oppure abusive e poi sanate, con fognature inadeguate. E poi ci sono le aree maggiormente colpite dalle ondate di calore, densamente costruite, asfaltate e senza verde».

Zanchini elenca tra le aree più critiche quella del centro storico, la zona Est nata come artigianale e industriale e poi quella verso Sud della Magliana e lungo la Portuense. A dicembre intanto è stato presentato il piano nazionale per l’adattamento al clima, che dovrà proseguire il suo iter verso l’approvazione e che al momento non ha risorse stanziate ad hoc; non elenca priorità, ma contiene centinaia di schede di interventi che gli enti locali dovranno declinare.

Roma si allinea alle altre grandi città europee come Londra, Parigi e Barcellona che da anni hanno uffici e agenzie dedicate al clima. Un argomento che abbraccia le scelte politiche, la visione urbana che incrocia normative e direttive nazionali ed europee e che mette le sue radici nella fase di progettazione. «Progettare per l’adattamento climatico pone questioni rilevanti anche di tipo economico e di responsabilità, che richiedono un nuovo approccio in capo ai progettisti ma anche alle Pa, ai clienti e ai legislatori – commenta Paolo Cresci, head of Sustainable Development di Arup Italia – e per far sì che questo sia un approccio science based, altro tema cruciale è la disponibilità dei dati e delle analisi a monte. I concetti di flessibilità e adattabilità (anche in un’ottica di circolarità) – aggiunge Cresci – diventano parte del progetto».

E ancora, «l’architettura deve essere climate e context responsive, ovvero dialogare con ciò che sta attorno e analizzare come le condizioni la influenzeranno, e come essa possa contribuire positivamente».

In termini più pratici, dall’osservatorio Arup Italia, il percorso verso il Net zero influenzerà l’architettura nel rendere gli edifici autosufficienti; la circolarità pone il tema delle trasformazioni che l’edificio può subire in futuro e del fine vita (fortemente connesso con la decarbonizzazione). «L’architettura – conclude Cresci – deve ridurre il suo peso sull’intorno che sarà sollecitato dal cambiamento climatico, e se possibile farsi promotrice di un miglioramento o della sua rigenerazione».

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