Appalti

Caro-materiali, emendamenti bipartisan per aumentare (almeno) del 20% i prezzi degli appalti in corso

Deputati Pd, M5S, Lega, Fdi e Fdi tra i promotori delle correzioni che includono anche uno scudo contro gli eventuali ritardi degli appaltatori

di Mauro Salerno

Governo permettendo, potrebbe arrivare dal Parlamento una soluzione più efficace per scongiurare il fermo dei cantieri pubblici flagellati da caro materiali e boom dei prezzi energetici. L'idea è quella di superare il meccanismo delle compensazioni - troppo lente e insufficienti agli occhi delle imprese - con l'autorizzazione alla sottoscrizione di una variante per rivedere al rialzo di almeno il 20% l'importo dei lavori messi a gara prima del 2020, ma ancora da eseguire, e in più sottoporre l'importo residuo del contratto a una formula di revisione continua dei prezzi basata sull'andamento degli indici relativi ai costi di costruzione rilevati dall'Istat, con una franchigia del 10 per cento.

Il nuovo meccanismo è previsto in una coppia di emendamenti gemelli al decreto Energia (Dl n.17/2022) all'esame delle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera. Il primo dei due emendamenti è firmato da deputati Pd, Cinque Stelle, Fratelli d'Italia, Forza Italia oltre a esponenti del gruppo misto. Il secondo, praticamente identico al primo, è firmato da 11 deputati della Lega. Sono in campo, dunque, tutte le principali forze che sostengono la maggioranza e non solo. Bisognerà però vedere quali saranno le valutazioni di chi tiene le redini del bilancio e più in generale del governo, che tramite il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini, ha appena fatto sapere di aver stanziato in tutto 750 milioni per le compensazioni, considerando questo sforzo, già «un impegno importante».

Le correzioni si riferiscono all'articolo 25 del decreto, quello che estende il sistema delle compensazioni alle imprese inaugurato dal Dl Sostegni-bis anche agli appalti del primo semestre 2022. Oltre ad agire sui vecchi appalti ancora in corso di esecuzione, entrambi gli emendamenti prevedono anche un intervento sui nuovi contratti - quelli aggiudicati sulla base di offerte presentate l'anno scorso o nel primo semestre 2022 - permettendo sempre all'appaltatore di chiedere la risoluzione del contratto per «onerosità sopravvenuta» tenendo conto di quanto previsto dal codice civile (articolo 1467) senza pregiudizi per l'impresa. Per le gare ancora aperte, poi, viene previsto l'obbligo di annullamento in autotutela per permettere l'aggiornamento dei prezzari da parte delle stazioni appaltanti.

Atto aggiuntivo con aumento minimo del 20%
La misura di maggiore impatto, perché riguarda la stragrande maggioranza dei cantieri colpiti dal caro-materiali, è quella che obbliga le stazioni appaltanti ad aggiornare i prezzari (entro 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto convertito in legge) «ai prezzi correnti di mercato quali desumibili da listini di carattere nazionale e internazionale», prevedendo in ogni caso un aumento minimo del 20 per cento. La norma riguarda tutti i «lavori in corso di esecuzione la cui offerta sia stata presentata nell'anno 2020 o antecedentemente». Aggiornati i prezzari, le stazioni appaltanti dovranno sottoscrivere un atto aggiuntivo « al fine di adeguare l'importo contrattuale residuo ai nuovi prezzi, a partire dal primo gennaio 2022». Se la norma dovesse superare il vaglio del Parlamento scatterebbe poi l'obbligo di emissione di un Sal entro 60 giorni. In più gli emendamenti prevedono che, a parte una franchigia del 10%, per il futuro l'importo dei lavori ancora da eseguire debba essere sottoposto a revisione dei prezzi, basata sull'andamento degli «indici dei prezzi alla produzione nelle costruzioni rilevati dall'Istat».

Accordi quadro e nuovi appalti
Novità sono previste anche per gli accordi quadro. Su questo fronte la scelta è quelli di imporre alle stazioni appaltanti l'aggiornamento dei progetti a base «dei contratti attuativi ancora da stipulare applicando, a pena di nullità, i prezzari aggiornati», lasciando fermo il ribasso proposto dall'impresa in sede di offerta.

Viene poi ripescata la norma stralciata all'ultimo momento dal Dl Energia-Ucraina n. 21/2o22 per evitare che eventuali ritardi di realizzazione connessi alle difficoltà di approvvigionamento dei materiali finiscano per pesare sulle spalle degli appaltatori. Per questo viene stabilito che questi fenomeni vengano inquadrati sempre come «causa di forza maggiore». Allo stesso modo, per i lavori relativi ad appalti aggiudicati sulla base di offerte presentate nel 2021 e nei primi sei mesi del 2022, viene «consentito, all'affidatario di chiederne la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, ai sensi dell'articolo 1467 codice civile, senza che da ciò derivi alcun pregiudizio o sanzione all'appaltatore,
né consegua alcuna segnalazione da parte della stazione appaltante al casellario informatico» dell'Anac.

L'ultimo passaggio riguarda una sorta di fase transitoria per gli appalti in corso di aggiudicazione, con data di presentazione delle offerte non ancora scaduta, al momento di entrata in vigore del decreto convertito. Nel caso in cui il progetto fosse basato su prezzari non aggiornati si impone alla stazione appaltante di annullare la gara in autotutela in modo da procedere all'aggiornamento degli importi.


Per saperne di piùRiproduzione riservata ©