I temi di NT+Rassegna di giurisprudenza

Servizio idrico integrato, difesa del suolo e assetto idrogeologico

di Luigi Conti

Acque reflue – Acque meteoriche di dilavamento e di prima pioggia – Acque reflue industriali – Differenze – Normativa regionale Piano di prevenzione e gestione delle acque – Obblighi – Nozione di scarico – Rifiuti liquidi – Distinzione.

«Per "acque meteoriche di dilavamento" debbono intendersi quelle originate da una precipitazione atmosferica che, non evaporate o assorbite dal suolo, esercitano un'azione di dilavamento della superficie sulla quale scorrono, mentre le "acque di prima pioggia" sono quelle che cadono su una determinata superficie nella fase iniziale della precipitazione atmosferica con effetti di dilavamento maggiormente incisivi in relazione proprio a tale dato temporale ed alle condizioni in cui originariamente versa la superficie raggiunta dalle acque»

«L'art. 113, che disciplina situazioni specifiche ed espressamente individuate, concernenti le acque meteoriche di dilavamento (commi 1 e 2), le acque di prima pioggia e di lavaggio (comma 3) e l'immissione diretta delle acque meteoriche nelle acque sotterranee (comma 4)» determina «una netta distinzione tra le acque meteoriche di dilavamento in genere e quelle di prima pioggia e di lavaggio relativamente ai casi in cui, per il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici, si renda necessario il convogliamento ed il trattamento in impianti di depurazione».

«La nozione di acque reflue industriali va ricavata dalla diversità del refluo rispetto alle acque domestiche ed in essa rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengono strettamente alla coabitazione ed alla convivenza di persone, al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche. Non rileva il grado o la natura dell'inquinamento delle acque, ma esclusivamente la natura dell'attività dalle quali esse provengono, così che qualunque tipo di acqua derivante dallo svolgimento di una attività produttiva rientra fra le acque reflue industriali»

«La disciplina delle acque è applicabile in tutti quei casi nei quali si è in presenza di uno scarico, anche se soltanto periodico, discontinuo o occasionale, di acque reflue in uno dei corpi recettori specificati dalla legge ed effettuato tramite condotta, tubazioni, o altro sistema stabile, mentre in tutti gli altri casi, nei quali manchi il nesso funzionale e diretto delle acque reflue con il corpo recettore, si applica, invece, la disciplina sui rifiuti»

«Il concetto giuridico di scarico presuppone che il collegamento tra insediamento e recapito finale sia stabile e predisposto proprio allo scopo di condurre i reflui dal luogo in cui vengono prodotti fino alla loro destinazione finale, senza interruzioni, ancorché determinate da casuali evenienze quali, ad esempio, la tracimazione da vasche di raccolta, che abbiano consentito ai reflui un ulteriore percorso»

Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, 23 marzo 2021, n. 11128

 

Massime 

«Sembrerebbe non più possibile…assimilare, sotto un profilo qualitativo, le due tipologie di acque (reflui industriali e acque meteoriche di dilavamento), né sembrerebbe possibile ritenere che le acque meteoriche di dilavamento (una volta venute a contatto con materiali o sostanze anche inquinanti connesse con l’attività esercitata nello stabilimento) possano essere assimilate ai reflui industriali. Sembrerebbe, cioè, che data la…modifica legislativa, non sarebbe più possibile accomunare le acque meteoriche di dilavamento e le acque reflue industriali»

Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, 30 ottobre 2013, n. 2867 Rel. Pieri

 

«Le acque meteoriche, comunque venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non possono essere più incluse nella categoria di acque meteoriche di dilavamento, per espressa volontà di legge»
«Le acque meteoriche di dilavamento sono costituite dalle acque piovane che, depositandosi su un suolo impermeabilizzato, dilavano le superfici ed attingono indirettamente i corpi recettori»
Per «acque meteoriche di dilavamento si intendono quindi solo quelle acque che cadendo al suolo per effetto di precipitazioni atmosferiche non subiscono contaminazioni di sorta con altre sostanze o materiali inquinanti»

Cassazione Civile, Terza Sezione Penale, 2 ottobre 2014, n. 2832 Rel. Mele

 

In tema di tutela penale dall’inquinamento, le acque meteoriche da dilavamento sono costituite dalle sole acque piovane che, cadendo al suolo, non subiscono contaminazioni con sostanze o materiali inquinanti, poiché, altrimenti, esse vanno qualificate come reflui industriali ex art. 74, lett. h), D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, 5 luglio 2018, n. 49693 Rel. Casale

 

Commento

Con la Sentenza in data 23 marzo 2021, n. 11128, la Suprema Corte ha affrontato un caso concernente, tra l’altro, il tema della nozione di acque meteoriche di dilavamento e, in particolare, la loro distinzione dalle acque reflue industriali, ai fini dell’individuazione dei relativi obblighi e del regime sanzionatorio applicabile.
La pronuncia svolge una lunga e approfondita disamina della giurisprudenza in tema di acque reflue industriali, rilevando come la modificazione – introdotta con il correttivo di cui al D.lgs. 4/08 – della disciplina di cui all’art. 74, lett. h) D.lgs. 152/06, da leggere in coordinato con l’impianto sanzionatorio di cui agli artt. 133 e ss. del medesimo provvedimento normativo, abbia parzialmente mutato il quadro normativo.
Secondo l’attuale testo dell’art. 74, comma 1, lett. h), cit. – introdotto con il correttivo di cui al D.lgs. 4/08 – si definiscono acque reflue industriali “qualsiasi tipo di acque reflue scaricate” (e non più “provenienti”, come nella precedente disposizione)“da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse” (non più “differenti qualitativamente”) “dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento”.
Il D.lgs. 4/08 ha altresì rimosso la specificazione secondo cui sono da qualificare acque reflue industriali “a nche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento”.
Le modificazioni normative avevano condotto inizialmente ad una non univoca interpretazione della disciplina che – secondo la Sentenza in esame – “avrebbe richiesto la rimessione della questione alle Sezioni Unite”.
Nonostante ciò, e anche prescindendo dalla ormai risalente modificazione normativa, la Corte di Cassazione ha rilevato che, anche prima del D.lgs. 4/08, “le acque meteoriche di dilavamento erano considerate, dall'art. 74 lett. h), solo al fine della individuazione delle acque reflue industriali, che si caratterizzano, infatti, tra l'altro, per la loro diversità non soltanto rispetto alle acque reflue domestiche, ma anche alle acque meteoriche di dilavamento, che costituiscono, conseguentemente, un'autonoma categoria, diversa pure da quella delle acque reflue domestiche, come risulta anche dalla successiva definizione delle acque reflue urbane di cui alla lett. i) del medesimo articolo.”. A ciò consegue che “tale autonomia rende…irrilevanti le ulteriori differenze riscontrabili nelle diverse stesure della disposizione in esame, se non nel caso…in cui le acque meteoriche di dilavamento non possano più considerarsi tali perché presentano le caratteristiche tipiche di quelle industriali.”
Proprio questa autonoma categorizzazione conduce la Corte di Cassazione ad affermare che il novellato art. 74, comma 1, lett. h), D.lgs. 152/06 – secondo cui “sono da considerare acque reflue industriali qualsiasi tipo di acque reflue scaricate…diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento” “è strumentale unicamente a riaffermare la nozione di “scarico diretto”, in maniera da riproporre in forma più chiara e netta la distinzione esistente tra la nozione di acque di scarico da quella di rifiuti liquidi.”
Diversamente dalla definizione di acque reflue industriali, la Suprema Corte rileva che non ha subito innovazioni sostanziali l’art. 113, D.lgs. 152/06, concernente le acque meteoriche di dilavamento e le acque di prima pioggia, secondo cui sono le Regioni a disciplinare “le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate” e “i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione”. E, come nota la Corte, il comma 3 del medesimo art. 113 stabilisce altresì che “(L)e regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici. È comunque vietato lo scarico o l’immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee”.
La Corte ritiene, quindi, che soltanto qualora le acque meteoriche contengano con i normali residui del dilavamento (ad esempio, polveri o detriti) conservano tale qualifica, mentre, in caso di contaminazione con altre sostanze, “perdono la loro originaria consistenza divenendo sostanzialmente il mezzo attraverso il quale altre sostanze vengono veicolate verso un determinato corpo ricettore, un mero componente di un refluo di diversa natura oppure un elemento di diluizione di altre sostanze ma, certamente, non possono essere più considerate come semplici acque meteoriche di dilavamento”.
Richiamando la propria giurisprudenza, la Corte ha inoltre ribadito che “la nozione di acque reflue industriali va ricavata dalla diversità del refluo rispetto alle acque domestiche ed in essa rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengono strettamente alla coabitazione ed alla convivenza di persone, al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche” e che per tale definizione “non rileva…il grado o la natura dell'inquinamento delle acque, ma esclusivamente la natura dell'attività dalle quali esse provengono, così che qualunque tipo di acqua derivante dallo svolgimento di una attività produttiva rientra fra le acque reflue industriali”.
n conclusione, l’acqua meteorica di dilavamento è di regola soggetta alla disciplina di cui all’art. 113, D.lgs. 152/2006 e alla relativa normativa regionale, salve le ipotesi in cui tale acqua sia stata contaminata da sostanze derivanti dall’attività produttiva esercitata nell’area esaminata: in questo caso, infatti, non potrà più essere considerata come mera acqua meteorica di dilavamento, ma dovrà essere sottoposta alla “disciplina degli scarichi delle acque reflue industriali ovvero”, in casi di assenza di scarico, a “quella sui rifiuti liquidi”.

 

  Riferimenti normativi

Direttiva 2000/60/CE

D.lgs. 152 del 2006 (e s.m.i.), artt. 74, 113, 133 e 137