Fisco e contabilità

Rimborso spese elettorali ai Comuni, il provvedimento del prefetto non è valido senza avviso di avvio del procedimento

Onde evitare che l'ente locale sia messo al corrente dei limiti del rimborso a spese già state sostenute

di Pietro Verna

Il provvedimento prefettizio che dispone il rimborso delle somme dovute al Comune per lo svolgimento delle elezioni politiche deve essere adottato previo avviso dell'avvio del procedimento stabilito dall' articolo 7 della legge n. 241 del 1990 onde evitare che l'ente locale sia messo al corrente dei limiti del rimborso a spese già state sostenute. Diversamente opinando, si violerebbero i principi costituzionali di buon andamento della Pubblica amministrazione, di coordinamento della finanza pubblica e di autonomia di entrata e di spesa degli enti territoriali, in quanto il legislatore ha inteso contemperare due distinte e contrapposte esigenze: «l'onere del rimborso integrale per l'esercizio da parte dei Comuni di funzioni a loro delegate dall'amministrazione centrale [e] la necessità di contenere le spese complessive, che rischia di rimanere insoddisfatta attraverso il semplice rimborso delle spese comunali a piè di lista».

Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con il parere n. 1786/2021, pronunciato a seguito del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da un Comune contro il provvedimento con il quale l'Ufficio territoriale del governo UGT- Prefettura, in assenza della comunicazione di avvio del procedimento, aveva riconosciuto il rimborso delle spese sostenute dall'ente locale per lo svolgimento delle elezioni politiche del 4 marzo 2018 in misura inferiore a quella richiesta dall'amministrazione comunale.

L'articolo 17 della legge 136/1976, come modificato dalla legge 147/2013 , stabilisce che tutte le spese per l'organizzazione tecnica e l'attuazione delle elezioni politiche e dei referendum sono a carico dello Stato nei limiti massimi fissati dal decreto previsto dall'articolo 55, comma 8, della legge 449/1997, e dal comma 9 dell'articolo 17. In base a quest'ultimo, l'importo massimo da rimborsare a ciascun comune, fatta eccezione per il trattamento economico dei componenti dei seggi, è stabilito con decreto del ministero dell'Interno, nei limiti delle assegnazioni di bilancio, con distinti parametri per sezione elettorale e per elettore, calcolati rispettivamente nella misura del 40% e del 60% del totale da ripartire (per i comuni aventi fino a 3 sezioni elettorali, le quote sono maggiorate del 40%).

Il Comune aveva impugnato il provvedimento prefettizio per due ordini di motivi. In primis, per violazione dell'obbligo di motivazione perché il provvedimento si era limitato a stabilire il minor importo rimborsato «senza fornire alcuna giustificazione». In secondo luogo, perché l'omessa comunicazione di avvio del procedimento aveva impedito al Comune di dimostrare che «le spese sostenute erano esclusivamente spese obbligatorie e necessarie per il corretto svolgimento delle elezioni». Mentre la Prefettura aveva sostenuto che la comunicazione di avvio del procedimento non sarebbe stata necessaria dal momento che il rimborso era stato effettuato nei limiti di spesa assegnati dal ministero dell'Interno. Tesi che non ha colto nel segno.

Il Consiglio di Stato ha confermato l' orientamento giurisprudenziale secondo cui:
• l'Amministrazione statale non può limitarsi al mero riscontro delle spese anticipate, ma deve esaminarle nel merito, anche non attraverso valutazioni discrezionali sull'opportunità degli impegni di spesa assunti dall'ente delegato, verificandone la necessaria funzionalizzazione alle attività connesse all'esercizio del diritto di voto (Cassazione civile, Sezione I, sentenza 18 giugno 2008, n. 16595: «in materia di elezioni politiche, il Comune opera come organo periferico della Amministrazione statale e non esercita le proprie funzioni di ente autonomo territoriale; di conseguenza, nei rapporti tra il Ministero degli interni e i Comuni vige un sistema di controllo – da parte del predetto dicastero - di tipo repressivo-sostitutorio»);
• l'obbligo di rendicontazione del Comune delle spese elettorali previsto dall'articolo 17 della legge 136/1976 «fa supporre la necessità di una sua approvazione preceduta dalla verifica non solo della legittimità ma anche della congruità» ( Tar Piemonte, sentenza 24 giugno 2010, n. 2936 che ha escluso la possibilità di ammettere a rimborso le spese di trasporto ai seggi degli elettori disabili perché posto a carico dei comuni dall'articolo 29, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104), evidenziando che nel caso di specie «la comunicazione di avvio del procedimento di corresponsione di somme inferiori a quelle per cui era stato richiesto il rimborso avrebbe consentito alla Prefettura di considerare e ponderare appieno le ragioni del Comune, non ultima quella relativa al fatto che il Comune di Moncalieri esercita funzioni nel procedimento elettorale anche per altri Comuni».

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