Amministratori

Inhouse, il nuovo business plan giustifica la ripetizione della procedura per la scelta del direttore generale

Ampia discrezionalità alla partecipata nella scelta del personale dirigenziale

di Michele Nico

Con la sentenza n. 1371/2022, il Tar Campania, Sezione I, ha affermato che l'ampia discrezionalità di cui gode la partecipata nella scelta del personale dirigenziale non può essere condizionata da rigidi parametri e si giustifica con la mutevolezza delle dinamiche imprenditoriali, ma trova un limite invalicabile nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità.

La vicenda
Nel caso in esame, la Regione Campania aveva approvato un avviso pubblico per manifestazione d'interesse al conferimento dell'incarico di direttore generale della propria società in house, per il triennio 2020-2022. In esito alle prove selettive, nella terna dei candidati idonei alla nomina del nuovo manager era stato incluso anche il dirigente amministrativo della società che fino a quel momento aveva ricoperto il posto di direttore generale ad interim, sulla base di un incarico temporaneo ottenuto dal Cda nel 2016 e successivamente prorogato di anno in anno.
Nonostante la procedura fosse giunta alla fase finale, la Regione Campania, anziché concludere la selezione con la nomina del direttore generale, ha approvato un nuovo avviso pubblico per manifestazione d'interesse al conferimento dello stesso incarico, ritenendo che i requisiti previsti dal precedente avviso non fossero più rispondenti alle esigenze della società in house, a seguito dell'adozione di un nuovo business plan per il triennio 2020-2022. Al che il dirigente interessato ha impugnato gli atti a supporto del nuovo avviso di selezione, sostenendo che l'illegittimità della seconda procedura – per violazione dell'articolo 3 della legge 241/1990, dell'articolo 19 del Tusp, dell'articolo 35, comma 3, e 19, commi 1 e 1-bis del dlgs 165/2001, nonché dell'articolo 97 della Costituzione – non sarebbe stata sanabile a seguito del sopravvenuto piano industriale, ma sarebbe stata causa di nullità del contratto da stipularsi con il nuovo direttore ex articolo 19, comma 4, del Tusp, oltre che fonte certa di danno erariale per la Pa.

L'argomentazione dei giudici
Il collegio non ha condiviso queste censure e ha respinto il ricorso sulla base del fatto che il nuovo piano industriale non si è limitato a un mero restyling dei processi produttivi aziendali, ma ha imposto indirizzi del tutto nuovi rispetto alle precedenti modalità di svolgimento delle attività aziendali, con un decisivo arricchimento del fattore tecnologico posto alla base dell'organizzazione del lavoro.
I giudici hanno osservato che «il Cda ha deliberato una reingegnerizzazione delle funzioni con snellimento dei processi gestionali interni; il che ha richiesto un aggiornamento delle capacità manageriali necessarie per fronteggiare i nuovi modelli».
La decisione è interessante perché da un lato lascia un ampio margine di manovra alle società pubbliche nel procedimento di selezione del personale dirigente, ma d'altro lato vincola l'operato degli organismi partecipati ai principi di sana gestione e buon andamento valevoli per la Pa. Di qui la conferma del principio secondo cui «ai fini della revoca non è sufficiente un ripensamento tardivo e generico circa la convenienza dell'emanazione dell'atto originario e le ragioni addotte a sostegno della revoca devono rivelare la consistenza e l'intensità dell'interesse pubblico che si intende perseguire con il ritiro dell'atto originario» (Tar Veneto, Sez. III, sentenza n. 283/2021).

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