I temi di NT+Tributi e bilanci a cura di Anutel

Quota fissa Tari dovuta anche nel caso di rifiuti speciali

di Stefano Baldoni (*) - Rubrica a cura di Anutel

La quota fissa della Tari è dovuta anche per le superfici in cui si producono rifiuti speciali. Questa è l'interessante conclusione contenuta nella recente sentenza della Corte di cassazione n. 8222/2022.

La controversia trae origine dall'impugnazione di alcuni avvisi di pagamento riguardanti la Tares e la Tari, da parte di una utenza non domestica, l'impresa ha lamentato l'applicazione del tributo anche sulle superfici in cui i rifiuti sono costituiti da imballaggi terziari. Secondo la Commissione tributaria regionale, il ricorso del contribuente era meritevole di accoglimento, in quanto gran parte delle aree possedute erano costituite da magazzini, che producevano solo imballaggi terziari, al cui smaltimento provvedeva la società a sue spese. Inoltre, a detta dei giudici di secondo grado, il Comune non ha dimostrato che nelle superfici interessate si producessero anche rifiuti speciali assimilati (oggi urbani), insieme ai rifiuti speciali.

La Corte di cassazione non ha condiviso la posizione della sentenza della Commissione tributaria regionale, evidenziando alcuni importanti principi riguardanti l'applicazione della Tari nel caso di superfici in cui si producono rifiuti speciali in genere e, in particolare, imballaggi terziari.

In primo luogo, la Corte ha sottolineato come gli imballaggi terziari siano da ritenersi sempre rifiuti speciali non assimilabili, all'epoca dei fatti, ai rifiuti urbani (rammentando che dal 2021 il Dlgs 116/2020 ha eliminato la categoria dei rifiuti assimilati e il relativo potere di assimilazione dei Comuni). Ciò in quanto il Dlgs 152/2006 oggi (e il Dlgs 22/1997 prima) hanno vietato l'immissione degli imballaggi terziari nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani. Quanto sopra equivale a dire, secondo anche le pronunce della Cassazione n. 10010/2020 e n. 703/2019, che gli imballaggi terziari non possono essere assimilati dai Comuni ai rifiuti urbani (e oggi che non sono classificabili come rifiuti urbani). Analogo ragionamento vale per gli imballaggi secondari, nel caso di mancata attuazione di un sistema di raccolta differenziata da parte del Comune. Tuttavia, a ben vedere, il divieto di immissione nel circuito dei rifiuti urbani, a mente dell'articolo 226 del Dlgs 152/2006, ha riguardato gli imballaggi terziari e non anche i rifiuti da imballaggio e l'articolo 221, comma 4, del medesimo decreto ha consentito agli utilizzatori di conferire gli imballaggi terziari ed i relativi rifiuti al servizio pubblico nei limiti dei criteri di assimilazione stabiliti dallo Stato. Seguendo tuttavia la posizione della Cassazione nella sentenza qui commentata, hanno trovato applicazione le disposizioni dell'articolo 14, comma 10, del Dl 201/2011 (riferito alla soppressa Tares) e dell'articolo 1, comma 649, della legge 147/2013 (riferito alla Tari), le quali escludono dalla tassazione le superfici in cui si formano di regola (nella Tares) o in via continuativa e prevalente (nella Tari) rifiuti speciali.

In secondo luogo, la Corte ha ricordato che nella fattispecie, comunque, l'onere probatorio grava sul contribuente. Infatti, pur vigendo il principio in base al quale spetta all'amministrazione comunale l'onere della prova degli elementi costitutivi dell'obbligazione tributaria, spetta al contribuente un onere di informazione per ottenere l'esclusione dal principio generale di tassabilità di tutti i locali e le aree possedute o detenute, in quanto eccezione alla regola generale in base alla quale sono tenuti al versamento del tributo tutti coloro che possiedono o detengono immobili nel comune (vedasi Cassazione sentenza n. 16235/2015). Quindi, è il contribuente che deve dimostrare non solo che nelle superfici possedute o detenute si producono in via continuativa e prevalente rifiuti speciali, nella fattispecie imballaggi terziari, ma anche che nelle stesse non si producano rifiuti urbani.

Il terzo principio affermato dalla Corte riguarda l'applicazione del tributo sulle superfici in cui si producono rifiuti speciali. A parere della Corte, mentre non è dovuta la quota variabile quando il contribuente dimostri di produrre solo rifiuti speciali, smaltiti autonomamente mediante ditte esterne autorizzate, la quota fissa è sempre dovuta, anche in quest'ultimo caso. Ciò in quanto, per il solo fatto di possedere o detenere locali o aree nel territorio comunale, i contribuenti sono tenuti a concorrere al sostenimento dei costi essenziali generali di investimento e di servizio nell'interesse dell'intera collettività. A prescindere dalla qualità e dalla quantità di rifiuti prodotti e dalla volontaria fruizione del servizio comunale, sempre che sia stato messo a disposizione del contribuente. A questo fine la Corte ha richiamato due pronunce, le sentenze n. 7187/2021 e 5360/2020. Tuttavia, queste sentenze, pur condivisibili in linea di principio alla luce della diversa funzione e destinazione della quota fissa e della quota varabile del tributo, riguardavano la Tia1 e non la Tari o la Tares. La tariffa presentava infatti un contesto normativo differente da quello della Tari, in quanto l'articolo 49 del Dlgs 22/1997 prevedeva l'assoggettamento alla tariffa di tutti i locali e le aree scoperte a uso privato da chiunque occupati o condotti, a qualsiasi uso adibiti, senza specificare, come avviene nella disciplina della Tari (e della Tares), che gli stessi dovevano essere suscettibili di produrre rifiuti urbani. Specifica non necessaria per il legislatore in quanto il prelievo avrebbe dovuto caratterizzarsi per il rapporto sinallagmatico tra prestazione e controprestazione, rapporto la cui sussistenza è stata poi ampliamente sconfessata dalla Corte costituzionale prima e dalla Corte di cassazione poi. Inoltre, nella disciplina dell'articolo 49 citato non era presente una disposizione analoga a quelle previste dal comma 649 dell'articolo 1 della legge 147/2013 e dell'articolo 14, comma 10, del Dl 201/2011, con le quali si esclude dalla determinazione della superficie tassabile quella in cui si producono rifiuti speciali. Esclusione che, riducendo la "base imponibile" del tributo, comporta l'eliminazione sia della quota fissa che di quella variabile.

(*) Vice presidente Anutel

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