Amministratori

Ambito territoriale obbligato per il servizio idrico

Il Comune non può decidere un affidamento autonomo scollegato dall’Ato

di Stefano Pozzoli

Il principio di unicità del servizio idrico integrato obbliga i singoli Comuni a partecipare alla gestione unitaria nel proprio Ambito territoriale ottimale. Ciò si configura come atto necessario, da cui discende l’adesione di tutti i Comuni del territorio interessato alla società in house eventualmente individuata come gestore dall’ente d'ambito.

Nel momento in cui parte il React-Eu anche nel comparto idrico, e si manifesta la necessità di consolidare la messa a regime di una gestione unitaria a livello di ambiti territoriali ottimali, e che questi abbiano una dimensione ragionevolmente estesa, giunge opportuna l’inequivoca decisione del Consiglio di Stato (sentenza 7476/2021) che ribadisce sotto tutti i profili l’obbligatorietà della gestione unitaria del servizio idrico integrato a livello di ambito.

L’occasione è data dalla disputa tra il Comune di Bordighera e la Provincia di Imperia con l’Autorità d’ambito. Il Comune, che è stato perfino condannato alle spese, si è opposto con una pluralità di motivazioni, tutte dichiarate infondate, all’affidamento in house alla società consortile Rivieracqua del servizio idrico nell’intero territorio provinciale, coincidente con l'Ato individuato a suo tempo dalla Regione Liguria. L’appellante ha sostenuto di avere il diritto di non partecipare al capitale della società consortile, e che la società in house non potesse svolgere il servizio nel suo territorio perché il Comune, non partecipandovi, non poteva esercitare su di essa il controllo analogo.

Per il Consiglio di Stato, però queste contestazioni sono infondate: l'articolo 8 della legge 36/1994, infatti «ha incentrato l'esercizio dei poteri in materia sul bacino idrografico e sull'eliminazione delle gestioni frammentate, per cui si può osservare che sin dal 1994 era divenuta recessiva l'opzione comunale per la soddisfazione delle esigenze idriche della popolazione», ancora gli articoli 141 e seguenti del Dlgs 152/2006, «chiariscono che cosa debba intendersi per sistema idrico integrato, attribuiscono competenze differenti al Ministero dell'Ambiente, alle regioni ed agli enti locali (…), ma va notata la continuità nella disciplina che deriva dal precetto contenuto nell'art. 147 del codice ambiente, laddove si chiarisce che "… i servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni», e che «in attuazione di tali principi si colloca anche la legislazione della regione Liguria».

Il Consiglio di Stato conclude che «esiste un concorde orientamento legislativo statale e regionale che risale almeno al 1994, e che postula l'impossibilità di risolvere in modo efficiente ed economico il problema idrico posizionandosi al livello più basso dell'organizzazione amministrava prevista in Costituzione».

Può dunque il Comune, ferma la necessità di una gestione unitaria del SII, non partecipare alla società di gestione in house? Anche su questo il giudizio è netto: «Un singolo comune non può rifiutarsi di concorrere alla gestione associata del bacino, pena l'inefficacia del sopra richiamato impianto normativo che, come sopra precisato, impone la gestione a livello di bacino. Sotto tale profilo la circostanza, invocata dal comune appellante di non voler concorrere alla gestione del bacino, non rileva perché il comune appellante ha la possibilità e l'obbligo di concorrere alla gestione associata del bacino». Per altro, «il controllo analogo congiunto … è in ogni caso assicurato dall'esterno della società, attraverso la conferenza dei sindaci».

Non è il momento delle sterili rivendicazioni di campanile, dunque. Ma del fare squadra per non perdere la grande occasione del Pnrr.

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