Imprese

Demanio, dal 1° gennaio stangata sui canoni

Per effetto della rivalutazione in contemporanea di due panieri Istat tutte le concessioni demaniali subiranno un incremento del 25%

di Flavia Landolfi

La stangata è attesa per il primo gennaio. Tutte le concessioni demaniali, spiagge incluse, subiranno un aumento dei canoni dettati dalla rivalutazione di due panieri Istat che per effetto della media farà schizzare i canoni del 25 per cento. Uno scenario grigio che aveva subito messo in allarme gli operatori e che però il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti aveva riportato alla normalità attraverso una sterilizzazione degli aumenti contenuta in un comma del decreto Milleproroghe. Ieri mattina la sorpresa: la norma è sparita dal testo, non c'è più tempo per intervenire e fermare il conto alla rovescia. Gli aumenti quindi ci saranno ma al ministero rassicurano che i tecnici sono al lavoro per trovare una soluzione, un piano B, a stretto giro. Un decreto, forse, che però realisticamente non potrà essere approvato prima di qualche giorno, a cose fatte. Per diverse categorie è un salasso annunciato, a cominciare dai terminalisti che versano canoni tra l'8 e il 20% del fatturato e che rischiano di bruciare, se non di azzerare, una grossa fetta di utili.

Intanto però a un soffio dal termine della fine dell'anno fissato dal cronoprogramma del Pnrr arriva la riforma delle concessioni nei porti, ultimo tassello del puzzle in carico al ministero di piazza Porta Pia. Con un regolamento arrivato ieri in Gazzetta e firmato dal ministro delle Infrastrutture Salvini di concerto con il titolare del Mef, Giorgetti, l'Italia mantiene fede a una delle milestone del Piano chiesta dalla Ue per rendere trasparente, concorrenziale e omogenea la gestione delle gare negli scali. Con una novità cruciale per il settore: i ristori su quote di ammortamento degli investimenti nel passaggio di mano delle concessioni da un'impresa a un'altra. Ma andiamo per ordine. Il testo del decreto, oggetto di un lavoro di fino anche con la collaborazione di Assoporti, è in realtà il tassello che mancava alla disciplina varata nel lontano 1994: la norma madre prevedeva un fantomatico regolamento attuativo mai arrivato. Risultato, tutta la disciplina sulle concessioni demaniali negli scali marittimi era affidata alle norme ordinarie e soprattutto alla gestione in ordine sparso delle singole autorità portuali. Questo riordino rappresenta quindi un punto fondamentale per i criteri di trasparenza, concorrenza e omogeneità che mancavano all'assetto delle concessioni. La disciplina prevede che per accedere alle gare bisogna necessariamente presentare un piano industriale.

Il regolamento si incarica poi di sbrogliare una delle matasse che ingarbugliava la gestione di banchine e spazi: gli investimenti rischiano negli ultimi anni di durata della concessione un pesante ridimensionamento giustificato dal passaggio di mano della concessione da un'impresa a un'altra. Con l'articolo 8 del decreto si mettono in fila onori e oneri. E si stabilisce anche che nel caso di investimenti di un certo rilievo l'impresa può avere diritto a un ristoro per le quote di ammortamento che non riuscirebbe a recuperare con la chiusura della concessione. Questi ristori possono essere inseriti nei bandi di gara per l'affidamento delle strutture a nuovi concessionari. È innovativa poi anche la previsione degli accordi sostitutivi, una trattativa negoziale tra il concessionario e la pubblica amministrazione per migliorare le infrastrutture a fronte della "promessa" da parte dell'azienda di un miglioramento nella prestazione, per esempio sotto il profilo dell'assunzione di forza lavoro. Il regolamento è subito in vigore, le Autorità dei sistemi portuali avranno però 12 mesi di tempo per aggiornare i propri regolamenti.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©