Amministratori

Partecipate, la cessione di quote è atto privatistico

Pertanto, le eventuali controversie sul tema sono di competenza del giudice ordinario

di Stefano Pozzoli

Il Tar Lazio, sezione III-ter, sentenza n. 4266/2021, si esprime sulla cessione di partecipazioni societarie da parte di una amministrazione pubblica: è un'operazione che l'ente pubblico pone in essere con modalità privatistiche e, pertanto, le eventuali controversie in argomento sono di competenza del giudice ordinario.

Il Tar ricorda, in proposito, quanto già sottolineato dal Consiglio di Stato, ovvero che «la dismissione di quote azionarie pubbliche non è soggetta alle norme sull'evidenza pubblica, e nemmeno a quelle sulla contabilità generale dello Stato, risolvendosi in un'operazione che l'ente pubblico pone in essere con modalità privatistiche, dovendosi soltanto attenere ai generali principi di trasparenza e non discriminazione (Consiglio di Stato, n. 1894/2017)».

In particolare, «Come chiarito poi dal Cons. Stato, Ad. Plenaria, con la sentenza n. 16/2011, la sottoposizione o meno della gara al regime pubblicistico fissato dal codice dei contratti pubblici, e la sua consequenziale sottoposizione alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, "discende dalle caratteristiche oggettive dell'appalto e soggettive della stazione appaltante, e dunque dall'esistenza di un vincolo "eteronomo" e non dalla dichiarazione della stazione appaltante (c.d. autovincolo)", attesa l'inderogabilità dalle parti delle regole sulla giurisdizione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 2639/2015; id., n. 2008/2015; id., n. 497/2015; Cass., Sez. Un., n. 8511/2012)».

La sentenza ribadisce «che la dimissione della partecipazione azionaria pubblica costituisce vicenda che viene posta in essere "iure privatorum" e con il rispetto dei soli principi di non discriminazione e trasparenza e senza l'obbligo normativo di ricorrere alla procedura di evidenza pubblica che, come tale, possa radicare, in capo agli aspiranti acquirenti del pacchetto azionario, un interesse legittimo e la conseguente giurisdizione del giudice amministrativo».

Questo, in effetti, viene ribadito dall'articolo 10, comma 2, del Testo unico per il quale, appunto «l'alienazione delle partecipazioni è effettuata nel rispetto dei princìpi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione», e che «in casi eccezionali, a seguito di deliberazione motivata dell'organo competente (…), che dà analiticamente atto della convenienza economica dell'operazione, con particolare riferimento alla congruità del prezzo di vendita, l'alienazione può essere effettuata mediante negoziazione diretta con un singolo acquirente».

Il legislatore del testo unico, è utile ricordare, ha perfino abrogato l'inciso dell'articolo113, comma 12 del Tuel che condizionava il mantenimento dell'affidamento al solo caso di cessione con gara, abrogando la norma originaria che aveva introdotto nel comma 12 la frase «mediante procedure ad evidenza pubblica da rinnovarsi alla scadenza del periodo di affidamento» (articolo 28, comma 1, lettera b), di abrogazione dell'articolo 14, comma 1, del Dl 269/2003).

Tutto ciò, è chiaramente finalizzato a favorire le dismissioni di partecipazioni e, in modo particolare, i processi di aggregazione e di riorganizzazione delle società pubbliche. A nostro giudizio le operazioni di mergers and acquisitions andrebbero favorite in ogni modo, onde accelerare il processo di di industrializzazione delle società pubbliche, in primo luogo quelle operanti nei servizi pubblici locali e quindi nelle utilities, in merito alle quali non di rado si vede confondere, nel merito, la cessione di quote e l'affidamento della concessione.

Sarebbe importante, a questo proposito, che la prossima revisione del Tusp si preoccupi in particolare di semplificare gli iter delle operazioni di questo tipo, oggi imbrigliate nelle disposizioni relative alla costituzione di nuove società, che invece il legislatore guarda con spesso giustificato sfavore.

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