Appalti

Gare, dalla proposta all'approvazione definitiva: focus sui tre step dell'aggiudicazione

Una sentenza del Tar Abruzzo aiuta a chiarire i vari punti di un iter da semplificare con la riforma alle porte

di Roberto Mangani

Nell'ambito delle fasi di cui si compone la procedura di affidamento dei contratti pubblici disciplinata dall'articolo 32 (e in parte 33) del D.lgs. 50/2016 occorre tenere nettamente distinte la proposta di aggiudicazione, l'approvazione di tale proposta e l'aggiudicazione definitiva in senso proprio. Ognuno di questi passaggi risponde a finalità e logiche diverse, e i relativi provvedimenti assumono una propria autonoma funzione. In particolare, i primi due atti hanno natura endoprocedimentale, esaurendo i loro effetti all'interno del processo complessivo di cui fanno parte, mentre solo il provvedimento di aggiudicazione definitiva è idoneo a incidere nella sfera giuridica dei destinatari potendo essere immediatamente lesivo della stessa. Solo quest'ultimo quindi risulta impugnabile davanti al giudice amministrativo.

Si è espresso in questi termini il Tar Abruzzo, Sez. I, 17 gennaio 2022, n. 23, che offre un contributo di chiarezza al fine di mettere ordine nella complessa sequenza procedimentale che porta dalla conclusione della procedura di gara fino alla stipulazione del contratto, che continua a presentare alcune zone d'ombra, anche in conseguenza di una non eccessiva linearietà.

Il caso
Un ente locale aveva indetto una procedura aperta per l'affidamento del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti e servizi accessori. La commissione giudicatrice, all'esito della sua attività valutativa, aveva formulato la proposta di aggiudicazione. Successivamente era intervenuta l'approvazione di tale proposta da parte dell'organo competente dell'ente committente in base al relativo ordinamento interno, che si identificava con il dirigente preposto al settore tecnico di competenza. Alla determina del dirigente non aveva però fatto seguito il formale provvedimento di aggiudicazione definitiva. Nonostante tale carenza, il concorrente secondo classificato aveva contestato la legittimità dell'aggiudicazione e impugnato quindi la determina dirigenziale di approvazione della proposta di aggiudicazione. A fronte del ricorso presentato dal secondo classificato l'originario aggiudicatario presentava a sua volta un ricorso incidentale, volto a far dichiarare l'esclusione dalla gara del ricorrente principale.

La priorità nell'esame dei ricorsi
Interessanti sono le considerazioni svolte dal giudice amministrativo in merito all'ordine di trattazione dei ricorsi nel caso di contestuale proposizione del ricorso principale e del ricorso incidentale. La questione viene risolta attraverso l'adesione all'orientamento, innovativo rispetto all'impostazione più tradizionale, secondo cui il ricorso principale deve essere esaminato per primo, posto che la sua eventuale infondatezza determinerebbe l'improcedibilità del ricorso incidentale. Riprendendo la più recente giurisprudenza amministrativa, il Tar Abruzzo evidenzia che mentre l'eventuale fondatezza del ricorso incidentale non potrebbe comunque paralizzare il ricorso principale, che andrebbe comunque esaminato e discusso, non è vero il contrario. Infatti, l'eventuale infondatezza del ricorso principale renderebbe inutile la discussione del ricorso incidentale, che conseguentemente andrebbe dichiarato improcedibile. Da qui la conclusione secondo cui, in attuazione del principio di economia dei mezzi processuali volto a evitare il ricorso agli stessi nel caso in cui chi vi ricorre non potrebbe trarne alcuna utilità pratica, l'ordine di priorità nell'esame dei ricorsi va risolto privilegiando l'esame del ricorso principale rispetto a quello incidentale.

Le fasi della procedura di affidamento e l'impugnabilità dei relativi provvedimenti
Sia l'ente appaltante che l'aggiudicatario hanno sollevato l'eccezione di inammissibilità nei confronti del ricorso presentato dal secondo classificato. Ai fini di esprimersi su tale eccezione il giudice amministrativo opera in primo luogo una ricostruzione dei principi generali che presiedono all'attivazione dell'azione di annullamento degli atti amministrativi.Tale azione è soggetta a due condizioni. La prima consiste nella sussistenza della legittimazione a ricorrere, secondo cui il ricorrente deve essere titolare di una posizione sostanziale differenziata e qualificata che lo distingue dalla massa indifferenziata in relazione all'esercizio dell'azione amministrativa. A questa condizione se ne aggiunge una seconda, consistente nella titolarità dell'interesse al ricorso, coincidente con la concreta possibilità di perseguire il bene della vita, da valutare in relazione a una lesione concreta e attuale dell'interesse che si intende tutelare, che deve avere i caratteri della personalità, attualità e concretezza.

Ciò significa, dal punto di vista pratico, che la mera titolarità di un interesse protetto non giustifica di per sè l'azione giudiziale, che per poter essere correttamente attivata necessita della lesione concreta e attuale di tale interesse ad opera dell'atto amministrativo che viene impugnato. In sostanza, chi ricorre al giudice amministrativo deve dimostrare che il provvedimento di cui chiede l'annullamento provoca una lesione personale, attuale e concreta nella sua sfera giuridica, non essendo sufficiente prospettare una lesione potenziale o meramente futura. Riportando questi principi alla procedura delineata dall'articolo 32 del D.lgs. 50 che disciplina le diverse fasi successive alla conclusione della procedura di gara e fino alla stipula del contratto, ne deriva che il concorrente che abbia preso parte a tale procedura, pur essendo titolare della legittimazione a ricorre, non ha interesse a ricorrere né contro la proposta di aggiudicazione né contro il provvedimento recante l'approvazione di tale proposta. Ciò in quanto entrambi gli atti non sono immediatamente e concretamente lesivi della sua posizione giuridica.

Questa conclusione viene giustificata dal Tar Abruzzo alla luce di un'attenta disamina dell'articolo 32 del D.lgs. 50. La relativa disciplina prevede infatti una netta distinzione tra tre atti: proposta di aggiudicazione, approvazione della proposta di aggiudicazione e provvedimento di aggiudicazione. La proposta di aggiudicazione è l'atto finale della commissione giudicatrice, redatto all'esito della relativa attività di valutazione delle offerte. L'atto di approvazione di tale proposta è invece emanato dall'organo dell'ente appaltante che, in base ai singoli ordinamenti interni, è competente in questo senso. Infine vi è il provvedimento di aggiudicazione che costituisce l'atto terminale del procedimento, con cui si manifesta all'esterno la decisione finale dell'ente appaltante.

Sia la proposta di aggiudicazione che l'approvazione della stessa sono atti endoprocedimentali, che cioè non hanno rilevanza esterna. L'approvazione, in particolare, coincide con l'attività di verifica della proposta di aggiudicazione richiamata dall'articolo 32, comma 5, rientrante nella più generale attività di controllo sugli atti della procedura di competenza dell'ente appaltante. L'approvazione può essere anche tacita qualora l'ente appaltante non si pronunci sulla proposta di aggiudicazione entro il termine stabilito dal proprio ordinamento interno o in mancanza entro il termine di trenta giorni indicato dalla norma (articolo 33, comma 1). In ogni caso, solo a valle di tale attività di verifica – che si conclude con l'approvazione espressa o tacita - interviene l'aggiudicazione, che deve essere comunicata ai concorrenti attraverso un provvedimento formale.

È quindi evidente che solo il provvedimento di aggiudicazione definitiva è idoneo a produrre la lesione concreta e attuale della sfera giuridica del concorrente non aggiudicatario, e quindi solo tale provvedimento è suscettibile di essere impugnato davanti al giudice amministrativo. Nel caso di specie il ricorrente secondo classificato ha impugnato la determinazione dell'organo tecnico dell'ente appaltante che ha approvato la proposta di aggiudicazione. Ne consegue l'inammissibilità del ricorso, proprio perché rivolto contro un atto endoprocedimentale di per sé inidoneo a essere concretamente e immediatamente lesivo.

Un iter procedurale molto complesso
La pronuncia del Tar Abruzzo ricostruisce in termini fedeli il complesso iter procedurale che gli articoli 32 e 33 del D.lgs. 50 delineano al fine di arrivare dalla conclusione delle operazioni di gara alla stipula del contratto.

Ogni fase di questo iter si conclude con un atto formale. La proposta di aggiudicazione è l'atto formale conclusivo dell'attività della commissione giudicatrice ovvero del seggio di gara, nei casi in cui si proceda con il criterio del prezzo più basso e quindi non vi sia una commissione giudicatrice in senso proprio. Più articolata è la successiva attività di approvazione della proposta di aggiudicazione. Il comma 5 dell'articolo 32 parla in realtà di verifica della proposta di aggiudicazione, che tuttavia, in virtù del rinvio operato al successivo articolo 33, comma 1, si identifica con l'approvazione, nel senso che la verifica porta all'approvazione della proposta di aggiudicazione (o alla mancata approvazione qualora la verifica abbia esito negativo).

La verifica e quindi la decisione sull'approvazione è di spettanza dell'organo competente, diversamente individuato in base ai singoli ordinamenti degli enti appaltanti.Al riguardo si pone il tema dei margini di scelta di cui gode tale ente nell'operare la suddetta verifica. Si deve ritenere che tale verifica si estenda sicuramente al controllo della legittimità degli atti della procedura di gara. Più dubbio è se l'organo competente possa andare oltre, e cioè non procedere all'approvazione della proposta di aggiudicazione per ragioni non di legittimità bensì di merito. Al riguardo sembra potersi ritenere che la mancata approvazione della proposta può considerarsi legittima nei limiti in cui è consentito all'ente appaltante di esercitare il potere di revoca degli atti di gara, e cioè – in estrema sintesi – per la considerazione di fatti sopravvenuti o per una diversa e rinnovata valutazione dell'interesse pubblico, pur in presenza della medesima situazione di fatto.

Intervenuta l'approvazione, l'ente appaltante procede all'aggiudicazione, che in realtà si sostanzia nella comunicazione formale dell'intervenuta aggiudicazione, normalmente di competenza del Rup.

Il quadro si completa poi con altre due previsioni. La prima è quella contenuta nel comma 6 dell'articolo 32, secondo cui l'aggiudicazione non equivale ad accettazione dell'offerta. La norma vuole evitare che l'aggiudicazione crei un vincolo in capo all'ente appaltante, fermo restando che anche in questo caso si deve ritenere che lo stesso non goda di una discrezionalità assoluta, potendo decidere di non dar seguito all'aggiudicazione e non stipulare il contratto nei limiti in cui gli è consentito esercitare il potere di revoca degli atti amministrativi.La seconda previsione è quella del successivo comma 7, in base alla quale l'aggiudicazione diviene efficace solo dopo la verifica del possesso dei requisiti in capo all'aggiudicatario. Previsione la cui ratio appare di difficile lettura, essendo più ragionevole che tale verifica avvenga prima dell'aggiudicazione (magari subito dopo la formulazione della relativa proposta) per evitare di creare questa figura ibrida di un'aggiudicazione perfezionata ma non efficace.

Complessivamente il procedimento descritto appare molto complesso e come tale suscettibile di dubbi interpretativi, che possono facilmente dar luogo a contestazioni e contenziosi giudiziari. Cosicché anche in questo caso sembra auspicabile, in sede di prospettata riforma del Codice dei contratti pubblici, una significativa opera di semplificazione.

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