Appalti

Anac, la compensazione per il caro materiali inapplicabile alle concessioni

Il parere ha il dichiarato intento di fungere da indirizzo di carattere generale sulla questione

di Claudio Guccione e Maria Ferrante

Con il parere n. 51 del 12 ottobre 2022 l'ANAC ha affermato che la compensazione dei prezzi dei materiali da costruzione, introdotta dal decreto sostegni bis, è applicabile esclusivamente agli appalti pubblici in corso di esecuzione, non alle concessioni. Tale statuizione, certamente basata sull'interpretazione ed applicazione lineare della normativa invocata, non comporta tuttavia necessariamente l'impossibilità ex se di riconoscere compensazioni per il caro materiali nei contratti di partenariato pubblico privato. Se, infatti, la previsione legislativa richiamata effettivamente è espressamente riferibile ai soli appalti e non può essere oggetto di applicazione analogica, sussistono nel quadro normativo di riferimento altri strumenti per conseguire il medesimo risultato nei contratti di concessione e partenariato pubblico privato.

Il contenuto del parere
Il parere dell'ANAC ha il dichiarato intento di fungere da indirizzo di carattere generale sulla questione sollevata nella richiesta di parere pervenuta, relativa alla possibilità o meno di procedere alla compensazione dei prezzi dei materiali da costruzione nella concessione ai sensi dell'art. 1-septies del D.L. n. 73/2021 (Disposizioni urgenti in materia di revisione dei prezzi dei materiali nei contratti pubblici), convertito con legge n. 106/2021.
L'ANAC, in primo luogo, svolge un breve excursus sul contenuto dell'art. 106 ("Modifica di contratti durante il periodo di efficacia") del D.Lgs. n. 50/2016 ed alla tassatività delle ipotesi previste nella medesima disposizione di legge: in tutti gli altri casi, infatti, non sarebbe legittima una modifica dei contratti, ma sarebbe necessario attivare una nuova procedura di gara.

Tuttavia, come confermato dalla stessa Authority, l'art. 1-septies del D.L. n. 73/2021, al fine di mitigare gli effetti dell'eccezionale aumento dei prezzi dei materiali da costruzione verificatisi nel 2021, è intervenuto in deroga al richiamato art. 106 del Codice dei Contratti Pubblici, introducendo un meccanismo di compensazione a favore degli appaltatori con riguardo alle variazioni percentuali, in aumento o in diminuzione, superiori all'8% (se riferite al solo 2021) o al 10% complessivo (se riferite a più anni) dei singoli prezzi dei materiali più significativi come rilevati con decreto ministeriale. Tale compensazione si applica ai contratti in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della legge n. 106/2021 di conversione del decreto, nei limiti ed alle condizioni fissate dalla norma, fino all'approvazione degli atti di collaudo/certificato di regolare esecuzione.

Dunque, dopo aver chiarito che la norma in esame non reintroduce una clausola di revisione prezzi ma costituisce un mero indennizzo riconosciuto agli appaltatori in forza di eventi straordinari, l'ANAC afferma che la legge è applicabile solo agli appalti e non estensibile alle concessioni sulla scorta delle seguenti considerazioni:
la norma, sebbene dalla rubrica appaia riferita ai contratti pubblici latamente intesi, menziona nel corpo della disposizione solo l' "appaltatore", mai il "concessionario";
espressamente la medesima previsione legislativa è riconosciuta come deroga all'art. 106 del Codice dei Contratti Pubblici, riguardante gli appalti, e mai all'art. 175 del medesimo Codice che detta la disciplina delle modifiche in corso di esecuzione delle concessioni;
il comma 7 dell'art. 1-septies in esame espressamente esclude la possibilità per i concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici di ricorrere al fondo di cui al successivo comma 8 (Fondo per l'adeguamento dei prezzi presso il MIMS);
il successivo art. 23, comma 3-bis, del D.L. 21/2022, convertito con legge n. 51/2022, estende l'applicazione della succitata norma sulle compensazioni ai soli contraenti generali, senza includere dunque i concessionari.

Inoltre, l'ANAC si spinge successivamente ad affermare che la compensazione prevista dalla norma sarebbe contraria ex se ai principi di allocazione del rischio nelle concessioni: secondo l'Authority, difatti, nel rapporto concessorio i rischi dell'operazione e della realizzazione dell'opera devono rimanere in capo al soggetto privato ed il riconoscimento di un eventuale prezzo è correlato esclusivamente al raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario dell'operazione.
Ebbene, se appare pienamente condivisibile l'inapplicabilità allo stato attuale dell'art. 1-septies del D.L. 73/2021 alle concessioni ed ai contratti di partenariato pubblico privato, non sembra allo stesso modo legittimo escludere in radice per i contratti in questione la possibilità di compensazioni per il caro materiali.

Il caro materiali ed il rischio operativo
Invero, contrariamente a quanto paventato dall'ANAC nel parere in esame, la normativa in parola sulle compensazioni del caro materiali avrebbe potuto – ed anzi dovuto – riguardare anche le concessioni. Tali compensazioni, infatti, lungi dal costituire un'illegittima assunzione parziale del rischio di costruzione in capo alla stazione appaltante, rappresenterebbero una corretta applicazione della normativa nazionale ed europea di riferimento, oltre che una giusta misura volta a mantenere inalterato il sinallagma contrattuale e ad evitare indebiti arricchimenti delle Amministrazioni.
Ciò, difatti, appare coerente con la finalità dichiarata della norma in esame confermata dalla stessa Autorità: mitigare gli effetti dell'eccezionale aumento dei prezzi di alcuni materiali da costruzione. Ebbene, l'eccezionalità di tale aumento confligge ex se con il concetto di "condizioni operative normali" che sottende all'identificazione del "rischio operativo" da porsi a carico del concessionario.

Tale concetto è stato introdotto dalla direttiva 2014/23/UE sulle concessioni ai fini della definizione del rischio operativo, nozione posta alla base della qualificazione di un contratto come "concessione". A tal proposito, i considerando 18 e 19 della direttiva in parola prevedono che:
è necessario precisare meglio la definizione di concessione, in particolare facendo riferimento al concetto di «rischio operativo»;
 la caratteristica principale di una concessione, ossia il diritto di gestire un lavoro o un servizio, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi aggiudicati in condizioni operative normali, anche se una parte del rischio resta a carico dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore;
qualora la regolamentazione settoriale specifica elimini il rischio prevedendo una garanzia a favore del concessionario per il recupero degli investimenti e dei costi sostenuti per l'esecuzione del contratto, il contratto stesso non dovrebbe configurarsi come una concessione ai sensi della presente direttiva;
il fatto che il rischio sia limitato sin dall'inizio non dovrebbe escludere che il contratto si configuri come concessione. Può essere questo il caso, per esempio, di settori con tariffe regolamentate o dove il rischio operativo sia limitato mediante accordi di natura contrattuale che prevedono una compensazione parziale, inclusa una compensazione in caso di cessazione anticipata della concessione per motivi imputabili all'amministrazione aggiudicatrice o all'ente aggiudicatore ovvero per cause di forza maggiore.

Sulla scorta di tali considerazioni, l'art. 5 della direttiva statuisce che "L'aggiudicazione di una concessione di lavori o di servizi comporta il trasferimento al concessionario di un rischio operativo legato alla gestione dei lavori o dei servizi, comprendente un rischio sul lato della domanda o sul lato dell'offerta, o entrambi. Si considera che il concessionario assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita al concessionario comporta una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile".
Correlativamente l'art. 3, co. 1, lett. zz) del Codice dei Contratti Pubblici espressamente definisce come "condizioni operative normali", sulla base delle quali verificare l'effettivo trasferimento del rischio operativo, "l'insussistenza di eventi non prevedibili". Quindi, l'eccezionalità dell'aumento dei costi dei materiali cui fa fronte la norma in esame sulle compensazioni straordinarie evidentemente non rientra nelle "condizioni operative normali" come definite.

Inoltre, non appare condivisibile il ragionamento di ANAC sul fatto che, in ogni caso, il caro materiali non potrebbe essere oggetto di compensazione nella concessione perché facente parte del rischio di costruzione che deve essere allocato sul soggetto privato.
Sebbene, difatti, è noto che il prezzo dei materiali va incluso nel novero degli elementi che compongono il rischio di costruzione, nulla vieta, né a livello nazionale né a livello europeo, di prevedere che tale singolo profilo di rischio possa essere attribuito, parzialmente o totalmente, al soggetto pubblico. Già nel 2013 il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2205 relativa proprio ad un'istanza di compensazione della variazione dei prezzi dei materiali da parte di Metro 5 di Milano, ha affermato che "Può quindi essere condivisa l'affermazione secondo la quale per Eurostat l'aumento dei costi afferisce al rischio di costruzione, ed il relativo onere può essere accollato al soggetto pubblico".

D'altra parte, il riconoscimento dei maggiori oneri per variazioni significative in aumento dei prezzi dei materiali appare ammissibile e legittimo per lo meno sulla scorta di ulteriori due considerazioni:
(i)in primo luogo, la mancata compensazione potrebbe comportare un indebito arricchimento dell'Amministrazione che, al termine della concessione, entrerebbe in possesso di un'opera costata più del previsto senza che il soggetto privato sia stato corrispondentemente remunerato per il recupero dell'investimento;
(ii)inoltre, l'art. 168 del Codice dei Contratti Pubblici prescrive che gli investimenti presi in considerazione ai fini del calcolo della durata della concessione comprendono quelli effettivamente sostenuti dal concessionario, sia quelli iniziali sia quelli in corso di concessione. Dunque, dovrebbe ritenersi necessario considerare sempre il reale investimento sostenuto, inclusi conseguentemente anche i maggiori oneri per l'aumento dei prezzi dei materiali.

Il riequilibrio dei contratti di partenariato pubblico privato
La descritta evidenza di poter qualificare l'aumento straordinario dei prezzi dei materiali come evento eccezionale imprevisto ed imprevedibile non imputabile al concessionario che incide sul piano economico-finanziario porta con sé anche la possibilità di poter riconoscere al soggetto privato la relativa "compensazione" anche in assenza di una legge specifica in tal senso, al contrario di quanto si è previsto con apposita disciplina in materia di appalti. Ed anzi, tale diversità ontologica potrebbe essere alla base della scelta del legislatore di disciplinare con legge la compensazione del caro materiali solo per gli appalti: per le concessioni ed i contratti di partenariato pubblico privato la disciplina generale già consentirebbe questa possibilità.

Come noto, infatti, gli artt. 165, comma 6, e 182, commi 3, del Codice dei Contratti Pubblici (in linea con quanto già previsto anche dalla previgente normativa nell'art. 143, comma 8, del D.Lgs. 163/2006) prevedono il riequilibrio delle concessioni e dei contratti di partenariato pubblico privato al "verificarsi di fatti non riconducibili all'operatore economico che incidono sull'equilibrio del piano economico finanziario. […] La revisione deve consentire la permanenza dei rischi trasferiti in capo all'operatore economico e delle condizioni di equilibrio economico finanziario relative al contratto".
Invero, diversamente dall'ambito dei rapporti tra privati, maggiormente permeato da strumenti inadeguati alla soluzione degli eventi eccezionali imprevedibili, come la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta ex art 1467 cod. civ. , tanto da aver sollecitato la giurisprudenza civile ad approfondire, all'insegna del principio di conservazione dell'equilibrio del contratto, la rinegoziazione da attuarsi secondo buona fede, il Codice dei contratti pubblici è invece "geneticamente" improntato alla conservazione del contratto, che difatti merita di essere riequilibrato in relazione all'accadimento di tutti i fatti non imputabili al concessionario che incidano sull'equilibrio del piano economico-finanziario.

Particolarmente efficace in proposito la relazione tematica n. 56 del 2020 della Corte di Cassazione sul diritto "emergenziale" anti-Covid19 nel sottolineare che "Il venir meno dei flussi di cassa è un contagio diffuso , rispetto al quale la terapia non è la cesura del vincolo negoziale, ma la sospensione, postergazione , riduzione delle obbligazioni che vi sono annesse" ed ancora che "Qualora il sinallagma contrattuale sia stravolto dalla pandemia e la parte avvantaggiata disattenda gli obblighi di protezione nei confronti dell'altra, limitare la tutela di quest'ultima alla risoluzione e al risarcimento del danno significherebbe demolire il rapporto contrattuale, incanalandolo in quell'imbuto esiziale che la clausola di buona fede e la rinegoziazione dovrebbero valere a scongiurare" .

Tali previsioni, d'altra parte, sono pienamente in linea con la normativa di matrice eurounitaria: il considerando 76 della direttiva 2014/23/UE espressamente prevede che "Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori possono trovarsi ad affrontare circostanze esterne che non era possibile prevedere quando hanno aggiudicato la concessione, in particolare quando l'esecuzione della concessione copre un periodo lungo. In questi casi è necessaria una certa flessibilità per adattare la concessione alle circostanze senza ricorrere a una nuova procedura di aggiudicazione".

Quindi, poiché l'attuale aumento dei prezzi dei materiali è normativamente considerato come evento eccezionale, sicuramente non previsto, non prevedibile e non imputabile al concessionario, dunque estraneo al concetto di rischio operativo che deve essere posto in capo a questi, è evidente che ciò si traduca in una ipotesi di revisione/riequilibrio del piano economico-finanziario della concessione ex artt. 165, comma 6 e 182, comma 3 del Codice.

Conclusioni
In conclusione, sebbene l'art. 1-septies del D.L. 73/2021 si applichi esclusivamente agli appalti, ciò non toglie che la compensazione per il caro materiali possa essere riconosciuta anche nei contratti di concessione mediante l'ordinario meccanismo di riequilibrio del piano economico-finanziario già disciplinato dal Codice dei Contratti Pubblici per tutti i fatti non riconducibili al concessionario che incidano sull'equilibrio del PEF.

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