Personale

Se manca personale il dirigente ha diritto alla monetizzazione delle ferie non fruite

La Pa deve dimostrare che l'organizzazione del lavoro non fosse in condizioni di congestione da impedirne il godimento del riposo

di Pietro Alessio Palumbo

Il potere del dirigente pubblico di organizzarsi autonomamente le ferie pur se accompagnato dagli obblighi di comunicazione al datore di lavoro non comporta la perdita dell'eventuale diritto alla monetizzazione delle stesse alla cessazione del rapporto di lavoro. A meno che – ha chiarito la Corte di cassazione (sentenza n. 18140/2022) - il datore di lavoro non dimostri di avere, nell'esercizio dei propri doveri di vigilanza e indirizzo, formalmente invitato il manager a fruire del periodo di relax, e assicurato che l'organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio cui il dirigente era preposto non fossero in condizioni di tale congestione e intasamento da impedirne il godimento.

Secondo la tesi sostenuta dalla Corte territoriale il lavoratore con qualifica di dirigente, con il potere quindi di decidere autonomamente senza alcuna ingerenza da parte del datore di lavoro circa il periodo migliore nel quale godere delle ferie, ove non abbia fruito delle stesse, non vanta alcun diritto a ristoro economico. Ciò in quanto se il diritto alle ferie è irrinunciabile, il mancato godimento imputabile esclusivamente al dirigente esclude l'insorgenza stessa del diritto all'indennità sostitutiva; salvo che il dirigente in questione non dimostri la ricorrenza di eccezionali ed obiettive esigenze di servizio ostative al meritato riposo lavorativo.

Il cardine dell'approccio interpretativo della Suprema Corte verte invece sulla necessità che il dirigente sia invitato - se necessario anche ufficialmente - a fruire delle ferie e nel contempo sia informato in modo preciso e in tempo utile, che se non le richiede le ferie in questione andranno perse al termine del periodo di riferimento. Pertanto la perdita del diritto alla monetizzazione può avere luogo (solo) se il datore di lavoro non è in grado di dimostrare la propria piena diligenza affinché il dirigente fosse messo nelle condizioni necessarie per fruire delle ferie annuali retribuite spettantegli per legge e contratto. L'assetto sostanziale della questione deve perciò muovere dalla verifica di che cosa sia stato fatto o scritto dal datore di lavoro perché quelle ferie fossero godute, e di quali fossero i rapporti tra una possibile insufficienza di organico, evidentemente non imputabile al lavoratore, e la necessità di assicurare la prosecuzione del servizio. Il tutto sotto una regola aurea di valutazione: nei casi incerti l'onere dimostrativo si pone sempre a carico del datore di lavoro, mai del dipendente, anche se quest'ultimo è un manager.

Secondo la Suprema Corte può certo essere che rispetto a un dirigente, per la normale posizione di minor debolezza e maggiore conoscenza dei dati giuridici, le predette condizioni possano trovare una applicazione di più ridotto rigore - soprattutto sotto il profilo dell'intensità informativa e del grado di zelo richiesto al datore di lavoro – ma i principi generali certamente permangono a governare l'istituto delle ferie, loro perdita, ed eventuale, residuale, loro monetizzazione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©