Il CommentoAmministratori

Fusioni, ruolo chiave per i collegi sindacali su verifiche e controlli

di Ettore Jorio

La fusione si presenta, per denominazione, un processo composito. A cominciare dalla sua realizzazione nella fisica, che comporta la modifica dello stato da quello solido a quello liquido, per finire a quella attiva in ambito giuridico-economico.

Prescindendo da ciò, non si comprende perché questo processo assuma, allorquando interessi la Pa, più difficoltà di quelle vissute nel sistema societario. Ciò sino a rasentare l'incredibile nell'ipotesi di fusioni di aziende sanitarie, più accentuato quando a incorporare sia una azienda ospedaliera universitaria. Sono diverse quelle "perfezionate" senza tenere conto degli obblighi procedimentali sanciti dal codice civile, agli articoli 2502 e seguenti. Numerose le responsabilità conseguenti, a partire da quella dei decisori politici locali (sindaci, presidenti di province e amministratori di partecipate) ma anche regionali e direttori generali delle aziende coinvolte (Nt+ Enti locali % edilizia del 20 giugno). Per non parlare di quella assunta dai collegi sindacali «di ogni ordine e grado» istituzionale che, più nelle specie che registrano il coinvolgimento di partecipate e aziende della salute, eludono il corretto esercizio dei loro doveri. Ciò capita anche per colpa dei legislatori regionali che trattano le fusioni come se fossero «matrimoni di parenti» e non già applicazione di strumenti giuridici trasformativi di natura e forma complicata.

Il codice civile è la regola. Gli articoli 2501-2505, con quattordici sub numerazioni romane, tracciano l'ineludibile tortuoso percorso, che impegna tante figure professionali poste a garanzia della correttezza procedurale e, dunque, del legittimo risultato. Il magistrato contabile ha ritenuto affermare, di recente, il suo convincimento con una pregevole deliberazione delle Sezioni Riunite del 23 novembre, la n. 19/SSRRCO/QMIG/2022 (relatore Centrone). Con tale decisum il massimo giudice dei conti ha sancito l'obbligo in capo all'ente agente di assumere preventivamente sull'evento delineato il parere delle Sezioni di controllo regionali, da considerarsi tuttavia non vincolante (Nt+ Enti locali & Edilizia del 1 dicembre).

Dunque, la fusione come strumento importante per attuare la programmazione degli enti territoriali, funzionale a rendere la propria organizzazione complessiva più agile e meno dispendiosa, nel massimo della tutela del ceto creditorio e delle erogazioni cui sono tenute le società partecipate e gli enti del loro servizio sanitario.

A ciò diventa significativamente importante il ruolo esercitato dai collegi sindacali, sia di quelli degli enti oggetto della fusione che dell'ente territoriale di riferimento che avranno ben donde di verificare la compatibilità dei loro assunti. Quelli più direttamente impegnati nel procedimento di fusione, prescindendo dalle spesso lacunose leggi che dispongano il ricorso al particolare accadimento straordinario, dovranno verificare a tanto e bene.

Secondo il disciplinare approvato dall'Ordine nazionale dei commercialisti (Principi di comportamento, norma 10.4) e in coerenza con quanto affermato decisamente dalla Cassazione civile (Sez. 1, sentenza n. 24045 del 6 settembre 2021 – est. Campese), i collegi dei sindaci chiamati dovranno fare di tutto e di più.

Prioritariamente, avranno l'obbligo di:
• verificare l'esistenza dei titoli costitutivi di tutti i soggetti coinvolti, prescindendo se incorporanti o incorporati;
• convalidare l'esistenza e la corrispondenza di tutti gli atti e i documenti propedeutici al perfezionamento della fusione, con particolare riferimento a quelli previsti dal codice civile, da verificare sia nella forma che nella sostanza;
• controllare, in particolare, la completezza della relazione accompagnatoria, della correttezza della relazione degli esperti, della formulazione trasparente della situazione patrimoniale;
• constatare la conformità procedurale alle disposizioni di legge e dello statuto in relazione agli obblighi comunicativi e informativi;
• dichiarare la regolarità e l'osservanza ai doveri istituzionali riferibili alla intervenuta retribuzione del personale, alla valorizzazione di tutto il contenzioso in essere, agli obblighi di pagamento del fisco e degli oneri contributivi e assistenziali, con conseguente annotazione nella situazione patrimoniale;
• rendicontare i soventemente consistenti netti patrimoniali negativi, alcune volte per centinaia di milioni di euro, da ripianare esclusivamente a carico delle Regioni e, quindi, da sottrarre alle economie collettive, tenute a sopportare così i disastri di gestioni precedenti.

Il tutto, avuto riguardo alla responsabilità solidale del collegio con gli amministratori e con chiunque disponga il ricorso a un tale importante strumento giuridico-economico, spesso radicalmente trasformativo dell'esistente.