Amministratori

Referendum e amministrative, dal Cdm election day il 12 giugno

Ok del Cdm, ora i decreti. Salvini: risparmio di 200 milioni. Radicali all’attacco

di Marco Rogari

Voto in contemporanea, e in un’unica giornata, il 12 giugno per i referendum e il primo turno delle elezioni amministrative in circa 950 comuni. A cominciare da quattro capoluoghi di regione (Genova, Palermo, Catanzaro e L’Aquila) e 22 capoluoghi di provincia. Gli 8,5 milioni di elettori interessati saranno poi chiamati a chiudere l’eventuale partita dei ballottaggi due settimane più tardi, il 26 giugno, sempre di domenica. Anche se per le località delle regioni a statuto speciale le date saranno diverse: in Valle d’Aosta le urne sono anticipate al 15 maggio, con il secondo turno il 29, giorno in cui ai voterà in Trentino Alto Adige (ballottaggio il 12 giugno). Il primo ok all’election day, in attesa del varo del decreto del ministero dell’Interno e del Dpr, è arrivato ieri durante la riunione del Consiglio dei ministri. E questa decisione produrrà anzitutto una automatica riduzione dei costi per le due consultazioni, sollecitata a più riprese dalla Lega che sembrava puntare però a una tornata elettorale unica in tempi più rapidi.

Matteo Salvini ha comunque espresso la sua soddisfazione. «Sono contento perché hanno ascoltato la richiesta della Lega di votare insieme per i sindaci e per i referendum sulla giustizia e quindi si risparmiano 200 milioni», ha detto il leader del Carroccio aggiungendo: «Con i soldi risparmiati per con l’election day chiederemo ulteriori tagli per le bollette e per la benzina».

Ma c’è anche chi come il partito Radicale, promotore insieme alla Lega della consultazione referendaria sulla giustizia, critica duramente la decisione del governo minacciando di boicottare i cinque quesiti ammessi a febbraio dalla Corte costituzionale: la riforma del Csm, l'abolizione della legge Severino, i limiti agli abusi della custodia cautelare, la separazione delle funzioni dei magistrati e la loro equa valutazione. In una nota i Radicali Maurizio Turco e Irene Testa parlano di farsa puntando l’indice contro la data del 12 giugno che impedirebbe un’ampia partecipazione popolare, a differenza di quanto invece sarebbe accaduto con una collocazione della consultazione referendaria a ottobre. Nel mirino del partito Radicale anche il silenzio della Rai, che non consentirebbe ai cittadini di essere adeguatamente informati sui referendum.

Tra i motivi che avrebbero indotto il governo a scegliere la data del 12 giugno ci sono quella di evitare chiusure ripetute delle scuole, non gradite tra l’altro a Mario Draghi, e anche le necessità collegate alla pandemia. Ma chi osteggia i cinque quesiti referendari sulla giustizia con tutta probabilità spera che, con la collocazione delle urne a metà giugno, chi è chiamato a votare sia attratto dal richiamo già forte del mare e delle prime vacanze estive.

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