Appalti

Intervento. Campana: «Dalla manutenzione delle reti una spinta per il rilancio del Sud»

di Giuliano Campana (presidente Ance)

aro Direttore,

in questi giorni il tema del rilancio del Mezzogiorno e delle misure messe in campo dal Governo per accelerarne la crescita sta giustamente destando grande interesse negli organi di informazione e in molti autorevoli commentatori che a vario titolo si sono espressi in merito.

I recenti dati Svimez hanno evidenziato un discreto andamento dell’economia del Sud che, nel 2016 con un più 1%, è andata persino meglio di quella del Nord, grazie soprattutto al traino degli investimenti privati. Eppure, nonostante le ultime buone performance, si stima che per tornare ai livelli pre-crisi ci vorranno almeno 10 anni!

Una previsione che come imprenditore e come presidente di un’Associazione di un settore, l’edilizia, che svolge un ruolo preponderante per l’industria del Mezzogiorno, mi ha trasmesso una grande inquietudine e una forte preoccupazione. A questi ritmi e nonostante gli importanti sforzi fatti, molte delle nostre imprese, già ampiamente fiaccate da una crisi che dura dal 2008, rischiano di non sopravvivere. E con loro gran parte del tessuto occupazionale legato all'edilizia che attraverso una lunga filiera e un forte radicamento territoriale rappresenta uno dei volani del mercato interno della nostra economia. Basti pensare che dal 2008 a oggi, secondo i dati forniti dalle Casse edili, solo nel Mezzogiorno il calo degli occupati nel settore è stato del 42%.

Non possiamo quindi sederci e aspettare che lentamente la tempesta cessi e che a piccoli passi si torni a ripristinare una normalità che peraltro non era poi così brillante anche prima della crisi di questi ultimi dieci anni. Bene quindi ha fatto il Governo a intervenire con una nuova legge che contiene alcuni strumenti utili per favorire la crescita del Meridione. Ma ancora non basta.

La parole d’ordine per rimettere realmente in sesto il nostro Paese non possono che essere manutenzione e sviluppo. E il Sud può rappresentare un eccezionale banco di prova per tutte le politiche nazionali, come recentemente ha rilevato anche il ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti. Partiamo quindi dalle cose da fare, che non mancano.

I recenti cambiamenti climatici e i fenomeni naturali anche calamitosi che purtroppo ciclicamente colpiscono il nostro fragile territorio fanno emergere con forza la necessità di dare efficacia a un piano di manutenzione delle reti: idriche, stradali, ferroviarie. Come non accorgersi, per esempio, che la grande ondata di caldo e siccità che sta colpendo il nostro Paese da mesi si sarebbe potuta affrontare con maggiore prontezza ed efficacia se le nostre reti idriche non fossero un colabrodo e se si fosse intervenuti tempestivamente per limitare i danni del tempo. Per non parlare dei crolli sulle reti autostradali, delle frane, delle città paralizzate per le forti piogge dell’autunno. Una lunga lista di danni e di ferite che potremmo limitare, ma che spesso ci dobbiamo accontentare di riparare sommariamente.

Se vogliamo davvero voltare pagina, è di un vero programma di interventi nel medio e lungo periodo, per rendere più sicuri, competitivi e quindi attrattivi i nostri territori, che abbiamo bisogno e non di soluzioni parziali. E per farlo le amministrazioni devono essere messe nelle condizioni ed essere in grado di decidere quali opere sono necessarie e in che tempi e con quali costi realizzarle. Bene fa quindi il Consiglio di stato, in relazione a un decreto del Governo in materia di programmazione, a raccomandare all'amministrazione pubblica di «favorire la più rapida e facile cantierizzazione di quelle opere che vengono ritenute idonee a soddisfare i fabbisogni della collettività».

Le risorse, d’altronde, non mancano e non sono mancate. Per il periodo 2014-2020 ben 36 miliardi di euro tra fondi europei e nazionali sono stati già stanziati per interventi infrastrutturali, di manutenzione e di messa in sicurezza dei territorio del Mezzogiorno. È la capacità di spenderle che manca. Di queste, infatti, poche si sono trasformate in cantieri. E le ragioni dello stallo sono proprio da rintracciare nella difficoltà di attuare i programmi di spesa: a fine gennaio 2017 solo il 26 % delle risorse erano state allocate.

Con gli strumenti che possiamo mettere in campo e sapendo sfruttare al meglio le potenzialità e le professionalità che il Mezzogiorno sa esprimere dobbiamo poter agganciare la ripresa ben prima del 2028. Le nostre imprese saranno al fianco di chi, mettendo da parte i particolarismi e lavorando solo ed esclusivamente nell’interesse del Paese, vorrà vincere questa sfida.

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