Imprese

Porto di Gioia Tauro, investimenti al palo - Msc minaccia il ritiro

Nubi sempre più scure sembrano addensarsi sul futuro del porto di Gioia Tauro, unico terminal di transhipment italiano a movimentare grandi volumi di traffico, ma che nel 2017 ha segnato un -28,9%, passando dai 2,79 milioni di teu (contenitori da 20 piedi) del 2016 a 2,44 milioni. Sulle banchine gestite da Mct (Medcenter container terminal) è palese lo scontro tra i due azionisti che controllano la società (con il 50% ciascuno): Contship Italia, che di fatto è il terminalista, e la Msc di Gianluigi Aponte, compagnia di armamento rimasta il solo grande cliente dello scalo, dopo l’addio a Gioia Tauro di Maersk (che comunque, a livello globale, condivide con Msc l’alleanza 2M).
Il rischio, che al momento non è imminente ma neppure da escludere, è che lo scalo calabrese possa perdere i traffici di Msc. E si replichi quanto accaduto al porto di transhipment di Taranto, lasciato da Evergreen nel 2015 e a tutt’oggi senza container.

Msc, da parte sua, ha denunciato a più riprese che da anni non vengono effettuati investimenti sul terminal e che «delle 22 gru installate ne funzionano solo 10» mentre «il resto dei macchinari giace nella stessa situazione di scarsa manutenzione ed efficienza». L’armatore lamenta anche una bassa rendita del terminal, pari a 16 movimenti l’ora. In una lettera inviata alla Gazzetta del Sud il gruppo ha ricordato che «nell’acquisire il 50% dell’azionariato di Mct» l’obiettivo era di «concentrare maggiormente il traffico su Gioia» e «investire in modo massiccio» per ripristinare l’equipment e la pavimentazione del terminal. Msc, inoltre, quantifica in circa 120 milioni gli investimenti necessari per risolvere i problemi denunciati. Somma che l’armatore sarebbe pronto a coprire per la metà, in qualità di azionista al 50% di Mct.

Il commissario dell’Autorità portuale di Gioia Tauro, Andrea Agostinelli, ha scritto a Mct (ma l’interlocutore è Contship) chiedendo lumi sul piano di riassetto dell’equipment del terminal e ricevendo una prima risposta, giudicata però incompleta. In quel testo Mct sostanzialmente attribuisce ad Msc la responsabilità di non aver mai portato sui moli di Gioia i livelli di traffico promessi nel 2015 e «conferma nei fatti la volontà di investire ulteriormente, ma in modi e quantità coerenti ai volumi che siano confermati con impegno da parte del cliente (cioè Msc, ndr): ciò sia per la parte infrastrutturale di competenza che per i mezzi di movimentazione». La risposta non è piaciuta ad Agostinelli che il 2 marzo ha riscritto a Mct sottolineando che il «riscontro fornito» non si può «ritenere in alcun modo esaustivo». Ha dato poi 15 giorni di tempo (che scadrebbero domani) al terminalista per fornire un «dettagliato cronoprogramma degli investimenti da effettuare, in coerenza con le previsioni contabili societarie». Agostinelli peraltro ieri ha aggiunto: «Al di là dell’aspetto documentale, di cui ho reiterato la richiesta, faremo delle penetranti verifiche in banchina e questo andrà oltre i tempi strettissimi che sono stati assegnati alla società per la presentazione della documentazione. Ho chiesto il conto al terminalista, anche a fronte di un investimento formidabile dello Stato, tramite l’Autorità portuale, su queste banchine: nel tempo più di 150 milioni». Ai quali si aggiungono la recente costituzione, con fondi pubblici, dell’Agenzia per il lavoro portuale che supporta i 377 lavoratori licenziati da Mct (che ora ne ha in organico 909).

Contship fa sapere che «Mct darà la risposta al commissario Agostinelli entro la scadenza prevista». E che «le cifre precise degli investimenti verranno dovutamente comunicate quando saranno approvate dagli ormai imminenti prossimi cda. Come sempre fatto, Contship investirà la propria parte in coerenza con le decisioni del cda».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©