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L'impianto di depurazione non funziona, il gestore del servizio idrico deve provare l'adempimento della prestazione

Il giudizio riguardava l'azione di recupero della quota della tariffa del servizio corrisposta da alcuni utenti

di Michele Nico

Con l'ordinanza n. 3044/2002, la Corte di cassazione ha affermato che, nei rapporti tra gli utenti e il gestore del servizio idrico integrato, la tariffa nelle sue diverse componenti si configura quale corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, rispetto alla quale vale il principio generale secondo cui spetta al creditore (l'esercente del servizio) provare la fonte negoziale o legale del suo diritto e il relativo termine di scadenza, mentre al debitore (l'utente) spetta la prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento.

La vicenda
L'oggetto del contendere riguardava l'azione di recupero della quota della tariffa del servizio corrisposta da alcuni utenti della zona di Napoli per la depurazione delle acque, dopo che la Consulta con sentenza n. 335/2008 aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 155, comma 1, del Dlgs 152/2006, nella parte in cui il disposto prevedeva che tale quota di tariffa fosse dovuta anche nel caso in cui «manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi». In assenza di un efficiente servizio di depurazione nella zona interessata, gli utenti hanno chiamato in giudizio l'Azienda speciale erogatrice del servizio idrico – oltre che il Comune di Napoli e la Regione Campania – rivendicando il diritto alla restituzione della quota tariffaria non dovuta.
Il Tribunale partenopeo aveva accolto il ricorso, ma il giudice dell'appello, dando ragione alla controparte, aveva capovolto l'esito del giudizio sulla base del fatto che, secondo quanto emerso nel giudizio avanti il Tribunale, nel territorio interessato esisteva in realtà un impianto di depurazione delle acque, se pure malfunzionante, e che a fronte di tale circostanza spettava alla parte attrice dimostrare che la prestazione resa dall'impianto venisse resa in maniera insoddisfacente secondo gli standard previsti dal contratto di servizio e dalla carta dei servizi. La Cassazione ha fatto leva su questo assunto per rilevare l'erronea statuizione della sentenza impugnata, con riferimento al riparto degli oneri probatori in ordine al disimpegno della prestazione contrattuale avente a oggetto la depurazione delle acque.

L'onere della prova
La Suprema Corte ha rilevato, in particolare, che nel giudizio finalizzato alla restituzione della somma pagata a titolo di canone per la depurazione, quale parte del corrispettivo complessivo dovuto per il servizio idrico, «l'onere della prova circa il funzionamento dell'impianto di depurazione e gli oneri derivanti dalle attività di progettazione, realizzazione o completamento del medesimo impianto incombe, ai sensi dell'art. 2697, comma 2, cod. civ., sul convenuto, quale gestore del suddetto servizio e debitore della corrispondente prestazione nei confronti degli utenti, trattandosi di fatti impeditivi della pretesa restitutoria».

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