Personale

Pubblico impiego, stipendio pieno per l’assenza da vaccino

Un emendamento approvato al Senato al Dl sul Super Green Pass chiarisce che l’assenza è «giustificata»

di Gianni Trovati

Nel giorno di assenza per fare il vaccino i dipendenti pubblici non si vedranno più costretti a utilizzare i permessi o ridursi lo stipendio. Un emendamento approvato al Senato al decreto legge sul Super Green Pass (per chi si fosse perso nella girandola dei decreti, è il 172/2021) risolve un cortocircuito normativo che colpisce da tempo i lavoratori delle Pa, e che era diventato particolarmente indigesto con i nuovi obblighi vaccinali appena introdotti dal governo. O, per meglio dire, lo attenua. Vediamo perché.

Nei primi 10 giorni di assenza per malattia, i dipendenti pubblici perdono tutte le indennità che compongono la busta paga oltre allo stipendio base (il «trattamento economico fondamentale»). Lo prevede una regola scritta 14 anni fa (Dl 112/2008, articolo 71) con l’obiettivo di combattere l’assenteismo giudicato “strategico” negli uffici pubblici, quello che si verificava con frequenza particolare soprattutto in prossimità di fine settimana o periodi festivi.

Con la pandemia, il quadro è ovviamente cambiato ma la tagliola anti-assenteismo è rimasta in vigore. E continua a imporre di alleggerire lo stipendio pubblico nei primi 10 giorni di malattia.

La regola evidentemente non va troppo d’accordo con l’obbligo vaccinale per gli over 49, e nemmeno con l’imposizione del Green Pass in formato Super ora estesa a un’amplissima gamma di attività. Al punto da sollevare le critiche sindacali, mosse in particolare dalla Flp.

Del problema si era del resto accorto anche il governo, che infatti a marzo aveva escluso dai tagli di stipendio insegnanti e docenti universitari. Con il risultato, però, di creare una disparità di trattamento fra categorie che oggi hanno obblighi in larga parte sovrapponibili.

L’emendamento approvato a Palazzo Madama, che introduce un nuovo articolo 2-bis nel decreto ora passato alla Camera per il via libera definitivo con la fiducia, corregge il tutto spiegando che l’assenza da vaccino è sempre «giustificata» e «non determina alcuna decurtazione del trattamento economico». Tutto bene, allora? Fino a un certo punto.

Prima di tutto, per l’entrata in vigore della clausola bisogna aspettare la conversione in legge del decreto (c’è tempo fino al 25 gennaio). A quel punto si vedrà se la norma è leggibile come «interpretativa», e quindi retroattiva, oppure no. Nel primo caso, le amministrazioni dovrebbero restituire ai dipendenti le somme sfrondate per le assenze da vaccinazione; nel secondo, chi ha atteso prima di sottoporsi all’iniezione eviterà la penalità inflitta invece a chi si è vaccinato prima.

Resta aperta, poi, la questione delle assenze causate da febbre o malesseri che possono comparire nei giorni immediatamente successivi alla vaccinazione (NT+ Enti locali & edilizia del 5 gennaio). Lì il taglio dello stipendio continua a operare, e a sollevare le obiezioni sindacali

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