Personale

Danno erariale al funzionario al vertice dell'ente che investito del procedimento non esercita il potere di controllo e di avocazione

Si tratta del rifiuto illegittimo all'istanza di accesso agli atti che vede la successiva condanna dell'ente a rifondere le spese di lite

di Claudio Carbone

Il rifiuto illegittimo all'istanza di accesso agli atti che vede la successiva condanna dell'ente alla refusione delle spese di lite costituisce danno erariale da addebitare al funzionario coinvolto nel procedimento di accesso. È quanto emerge dalla sentenza n. 135/2023 della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per la Campania, intervenuta nel giudizio di responsabilità instaurato nei confronti del segretario comunale per sentirlo condannare al pagamento in favore dell'ente del danno erariale conseguente all'esborso patito dall'ente per effetto della sentenza con cui il Tar Campania, nel dichiarare l'illegittimità del diniego a un'istanza di accesso, condannava l'amministrazione alla rifusione delle spese di lite.

Nello specifico, il contenzioso traeva origine dalla richiesta ex articolo 43 del Tuel indirizzata da alcuni consiglieri al segretario comunale al fine di ottenere l'ostensione di documenti nella disponibilità dell'ente, formulata con indicazione dapprima del solo numero di protocollo, poi anche dell'oggetto a seguito di apposita richiesta di integrazione a cura del segretario. Nonostante l'attività istruttoria preliminare condotta, il convenuto dichiarava la propria incompetenza sulla proposta domanda che rimaneva, per l'effetto, inevasa.

Per la procura, l'illecito amministrativo in esame doveva attribuirsi alla condotta gravemente colposa del segretario comunale il quale, contravvenendo ai propri obblighi di servizio, aveva omesso di soddisfare una rituale istanza di accesso agli atti provocando la condanna giudiziale del Comune al pagamento delle spese di lite in favore delle parti vittoriose. Nel corso del giudizio il segretario comunale deduceva la propria incompetenza al soddisfacimento della formulata istanza, sottolineando come i consiglieri richiedenti l'accesso avrebbero dovuto rivolgere la relativa istanza direttamente agli uffici in possesso della documentazione richiesta. Sottolineava, infine, l'intervenuta interruzione del nesso causale a seguito dell'autonoma scelta dell'ente, assunta a mezzo delibera di Giunta, di resistere al giudizio innanzi al Tar con esposizione al rischio, poi concretizzatosi, di condanna alle spese, al contrario evitabile con la contumacia. All'esito dell'esame istruttorio il Collegio, aderendo alla prospettazione attorea, ha ritenuto gravemente colposo il comportamento del segretario che, quale vertice giuridico-amministrativo dell'ente, avrebbe dovuto garantirne la legittimità dell'azione amministrativa in base a consolidata giurisprudenza formatasi sull'articolo 97 del Tuel.
Nel caso di specie, infatti, il convenuto è stato investito da una richiesta di accesso ed era obbligato ad evaderla nella sussistenza dei presupposti di legge. Il segretario doveva al più smistare l'istanza agli uffici in possesso della documentazione seguendone poi il relativo iter; ma nulla di tutto ciò risulta avvenuto.

Conclude la sentenza evidenziando che la ripartizione interna delle competenze tra i diversi uffici è normativamente indifferente per il soggetto che entra in contatto o in relazione con l'amministrazione, intesa quale ente e apparato; quindi, anche al fine di non «aggravare il procedimento» e perseguire i principi di trasparenza, economicità, efficacia e imparzialità dell'azione amministrativa, costituisce munus ineludibilmente gravante in capo all'ufficio compulsato-massimamente, poi, se si tratti della figura del segretario comunale - quello di trasmettere gli atti all'organo o all'ufficio competente alla trattazione ed alla adozione del provvedimento finale.

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