Amministratori

Nei bacini idroelettrici risorse in calo del 20% sulla media del 1921-1950

Perdite di rete calate al 41% ma fra Nord e Sud resta il divario infrastrutturale

di Cheo Condina

I cambiamenti climatici, con l’esplosione della siccità accoppiata alla forte riduzione dell’innevamento sull’arco alpino, iniziano a farsi sentire sul settore idrico italiano, che necessita di rilevanti investimenti per rafforzare la propria resilienza e tenere il passo con l’Europa.

È questo il verdetto del Blue Book 2023 promosso da Utilitalia, a cura della Fondazione Utilitatis e in collaborazione con The European House-Ambrosetti, Istat, Ispra, Cassa Depositi e Prestiti, il Dipartimento della Protezione Civile e le Autorità di Bacino. Una monografia del Servizio idrico integrato, diffusa ieri alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Acqua, secondo cui diventa dunque sempre più urgente la realizzazione di infrastrutture moderne per garantire la tutela dell’oro blu. Al proposito Utilitalia, la Federazione delle aziende italiane di servizi pubblici, sottolinea la disponibilità delle imprese del settore a investire 10 miliardi nei prossimi anni, di cui la metà entro il 2024.

Il quadro generale non può dirsi negativo e mostra anzi progressi importanti. Per esempio, con l’avvio della regolazione Arera nel 2012, dopo anni di instabilità gli investimenti nel comparto idrico hanno registrato un incremento costante. Per il 2021 si stimano 56 euro pro capite, in aumento del 17% sul 2019 (49 euro per abitante) e di circa il 70% sul 2012 (33 euro), mentre per il biennio 2022-2023 ci si dovrebbe attestare a 63 euro, comunque lontani rispetto alla media europea di 82 euro. Lo stesso dicasi per la qualità del servizio: le perdite di rete nel 2021 sono calate al 41% dal 44% del 2016, mentre la frequenza degli sversamenti in fognatura si è più che dimezzata dai 12 eventi l’anno ogni 100 km di rete del 2016 ai cinque del 2021.

Tuttavia sul tavolo ci sono problematiche vecchie e nuove. Da una parte, infatti, resta l’annoso gap infrastrutturale Nord-Sud: «Risolvere le problematiche che affliggono il servizio idrico in diverse aree del Mezzogiorno è una questione non più procastinabile, bisogna agire sugli investimenti e sulla governance, favorendo la partecipazione di operatori industriali», sottolinea Stefano Pareglio, presidente della Fondazione Utilitatis. Dall’altra parte c’è l’emergenza siccità: il 2022 è stato l’anno più caldo e meno piovoso della storia italiana, con temperature a +2,7 gradi rispetto alla media 1981-2010 e anomalie pluviometriche significative soprattutto al Centro-Nord, segnala il Blue Book. Un trend con riflessi negativi sulla disponibilità di risorsa idrica rinnovabile naturale (buona proxy dell’acqua su cui possono contare gli impianti idroelettrici), che nel trentennio 1990-2020 si è attestata a circa 133 miliardi di metri cubi: -20% rispetto al periodo 1921-1950. Ciò senza tenere conto peraltro degli ultimi due anni, che hanno mostrato un ulteriore e significativo calo delle risorse a disposizione dell'idroelettrico, considerato uno dei pilastri “rinnovabili” per la produzione di elettricità in Italia, a maggior ragione in un periodo delicato come l'attuale, in cui si impongono la diversificazione e la sicurezza delle fonti di approvvigionamento. Al proposito, secondo i dati preliminari di Terna, nei primi due mesi dell'anno la generazione di elettricità dall'acqua ha fatto segnare un drammatico -51,1%, con febbraio che ha sfiorato il -60%.

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