Amministratori

Nuovo governo, da Calderoli spinta all’autonomia che spacca i partiti

Verso un derby delle riforme con il presidenzialismo promosso da Fratelli d’Italia

di Gianni Trovati

Gli appassionati di cabala apprezzeranno il fatto che Roberto Calderoli abbia giurato al Quirinale come nuovo ministro per gli «Affari regionali e autonomie» nel quinto anniversario dei referendum consultivi con cui il 22 ottobre del 2017 lombardi e veneti chiesero, appunto, l’«autonomia» differenziata.

In quest’ottica la casella occupata dall’ex vicepresidente del Senato, trasformatosi nella sua lunga carriera parlamentare da pasionario padano a puntuto stratega di regolamenti e tattiche d’aula, è cruciale per le prospettive di una Lega scottata dalle urne e dal riemergere delle pulsioni nordiste sedate negli anni dell’espansione nazionale. Insieme a loro rispunta l’antica rivalità lombardo-veneta, con il presidente Luca Zaia che da Venezia augura «buon lavoro ai ministri veneti» e il collega Attilio Fontana che da Palazzo Lombardia sogna «l’approvazione in Parlamento entro l’estate della legge definitiva» sull’autonomia grazie a Calderoli.

Ma si sbaglierebbe a vedere in questa battaglia una questione confinata sopra la riva sinistra del Po. Lo conferma uno dei primi commenti sulla nomina, arrivato non da Bergamo o Vicenza ma da Firenze, e non da destra ma da sinistra. «Sono contento, perché è una persona che sul tema delle autonomie ha lavorato una vita», ha detto il presidente della Toscana Eugenio Giani intervistato alla «Festa dell’ottimismo» del Foglio. Perché il tema è trasversale, spacca partiti e coalizioni, è destinato ad animare una sorta di derby delle riforme con il presidenzialismo caro a Fratelli d’Italia, ed è complicatissimo sul piano pratico. Finora ha impegnato quattro governi di tutti i colori, con ministri di ogni provenienza. Senza successo. E ponendo più di un problema anche al Pd, che fra gli alfieri dell’autonomia schiera il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini probabile candidato alla successione di Enrico Letta.

Su questi presupposti Calderoli sa bene due cose: che un segnale va dato subito. E che la strada è lunga

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