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Avvocati dei Comuni, compensi extra solo se l'ente li ha disciplinati

La Corte di cassazione, ordinanza n. 14761 depositata oggi, ha respinto il ricorso di una dipendente avvocato di un comune che chiedeva il riconoscimento dei compensi professionali

di Francesco Machina Grifeo

Doccia fredda per gli avvocati degli enti pubblici. Nessun compenso extra per l'attività giudiziale svolta, anche se vittoriosa, deve essere corrisposto in assenza di una disciplina specifica in materia di compensi professionali che è rimesse alle autonome decisioni dell'ente. La Corte di cassazione, ordinanza n. 14761 depositata oggi, ha così respinto il ricorso di una dipendente avvocato di un comune turistico laziale che chiedeva il riconoscimento dei compensi professionali (funzioni ed onorari di avvocato) ai sensi dell'articolo 27 Ccnl di comparto del 14.09.2000 nonché la retribuzione di posizione e di risultato di cui agli articoli 8-10 Ccnl 31.03.1999 e 22.01.2004, per essere dipendente del Comune (categoria D, pos. econ. 2) e per aver svolto dall'8 ottobre 2002 la mansioni di responsabile dell'ufficio legale, difendendo l'Ente in numerose cause con esito positivo, essendo iscritta all'elenco speciale.

Per la Corte di Appello di Roma, e la Sezione Lavoro di Piazza Cavour l'ha confermato, tuttavia, l'articolo 27 Ccnl di comparto del 14.9.2000, con riguardo ai compensi professionali di avvocato dell'ente, non ha immediato contenuto precettivo ma necessita di ulteriore regolamentazione tra l'Ente e i lavoratori. Per cui in mancanza di prova su tale regolamentazione, nessun compenso poteva essere riconosciuto alla lavoratrice. Ugualmente, per la retribuzione di posizione e di risultato: la previa individuazione degli incarichi di posizione organizzativa e la successiva attribuzione degli stessi costituiscono attività assolutamente necessaria per ricevere gli emolumenti, in base al Ccnl del 22.1.2004. E nel caso specifico nessuna posizione organizzativa era stata assegnata dall'ente all'avvocato ricorrente.

La contrattazione collettiva, spiega la Cassazione, si limita infatti a demandare alle autonome determinazioni degli enti l'adozione di una disciplina specifica in materia di compensi professionali da corrispondere agli avvocati degli uffici di avvocatura formalmente costituiti presso gli stessi che dovrà tenere conto dei principi stabiliti dal Rd n. 1578 del 1933. Si tratta dunque di una disciplina unilaterale dell'ente, dato che non è previsto in alcun modo l'intervento della contrattazione integrativa che invece "è legittimata solo a determinare l'eventuale correlazione tra tali compensi e la retribuzione di risultato, nel caso si tratti di avvocati non dirigenti ma titolari di posizione organizzativa".

Con riferimento ad entrambi i profili - compensi e correlazione tra questi e la retribuzione di risultato -, dunque, la norma pattizia non costituisce alcun obbligo a carico dell'ente, segnando solo una "linea programmatica". Mentre, argomenta la decisione, "se le parti contraenti avessero inteso impegnare direttamente la Pubblica Amministrazione, la formulazione della clausola avrebbe avuto altro contenuto, con la qualificazione in termini di obbligatorietà della condotta e la fissazione di una tempistica rigorosa per l'adempimento". In particolare, prosegue, "l'utilizzo del verbo "disciplina", tanto con riferimento ai compensi quanto con riferimento al coordinamento dei compensi con la retribuzione di risultato, "pone in evidenza che le parti contraenti hanno inteso rimettere rispettivamente all'Ente ed alla futura contrattazione decentrata integrativa la regolamentazione degli indicati aspetti".

Ma nel caso in esame come accertato dalla Corte territoriale "la lavoratrice non ha affatto provato che regolamentazioni di alcun tipo fossero state adottate dal Comune ", il che "osta al riconoscimento delle spettanze rivendicate a titolo di compensi".

Del resto, prosegue la Corte, l'istituto delle posizioni organizzative è rimesso alle autonome determinazioni dell'ente sia per ciò che concerne il numero delle stesse sia per ciò che concerne la loro distribuzione all'interno delle diverse strutture: "nessuna pretesa può, dunque, essere avanzata dai singoli dipendenti in quanto il conferimento del relativo incarico deve avvenire sulla base di una disciplina specificamente adottata da ogni amministrazione".

In definitiva, in assenza di un'istituzione da parte dell'ente locale con le procedure previste dal Ccnl delle posizioni organizzative, nonché in assenza di conferimento dello specifico incarico al dipendente, è impossibile riconoscere qualsivoglia effetto economico proprio delle posizioni organizzative previste dalla contrattazione collettiva.

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