La programmazione non può aspettare i tempi del Piao
Il 2022 è un anno importante per le Pa, che dovranno dare il massimo per rispettare i programmi del Pnrr. Da qui dipenderà il mantenimento della crescita prevista nella Nadef e il recupero del Pil perso nel 2020. Quest’anno l’Italia dovrà conseguire 100 obiettivi (83 milestones e 17 target). Di questi, 45 sono da fissati entro il 30 giugno. A loro è collegata una rata di 20,1 miliardi.
La Pa vive tra leggi che impongono programmi, ma sempre meno persone sanno programmare. Ci sono amministrazioni in grande ritardo con l’adozione di piani importanti su ambiente, acque, salute, territorio, servizi sociali.
La programmazione da cui dipendono tutte le altre è quella fissata nei Dlgs 165/2001 e 150/2009, che il Governo ha cercato di sistematizzare nel Piao. Il Piao dovrà racchiudere i contenuti di documenti come il piano triennale dei fabbisogni, il piano sul lavoro agile, quello della formazione, il piano per la prevenzione della corruzione o le misure per la digitalizzazione secondo una visione integrata. È prevista l’adozione di un Dpr per abrogare gli adempimenti dei piani assorbiti. Il processo, richiedendo tempo (a oggi c’è solo uno schema di Dpr, approvato in Unificata) ha portato a posticipare il termine di adozione del Piao al 30 aprile, e ancor più tardi per gli enti locali (fine settembre, dopo l’ultima proroga dei bilanci). Il rinvio non può portare alla mancata adozione dei provvedimenti che indirizzano la macchina amministrativa dall’inizio dell’anno, individuando priorità e obiettivi.
Sarebbe un grave errore se proprio quest’anno, al ritardo tradizionale con cui vengono adottate direttive, atti di indirizzo e piani della performance, ne aggiungessimo un altro. Non è scritto da nessuna parte che in attesa del Piao non si possano adottare gli atti previsti dagli articoli 4 e 16 del Dlgs 165/2001 e i singoli atti di programmazione, che confluirebbero poi nel Piao.
Questo è l’anno in cui va consolidata la crescita e vanno contrastati i rischi derivanti da inflazione, rialzo dei tassi, varianti pandemiche ed effetti collaterali della transizione digitale ed ecologica. Il problema della bassa capacità amministrativa si può affrontare con una buona e soprattutto tempestiva programmazione. Ad esempio mirando il reclutamento verso i tecnici mancanti e adottando misure di formazione per rafforzare le competenze sugli appalti, data l’incapacità strutturale di molte Pa nel predisporre bandi e capitolati. La programmazione 2022 dovrà destinare grande attenzione alla gestione del capitale umano, al buon reclutamento - quello che guarda avanti e non pensa a risolvere i problemi del passato - e alla semplificazione e digitalizzazione dei servizi. Questi obiettivi sono essenziali per la realizzazione di quelle «riforme orizzontali e abilitanti» che dovrebbero facilitare il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr. Occorre uno scatto già nei programmi e negli obiettivi, che non possono non considerare il Pnrr, e per questo non possono non essere soprattutto oggi «rilevanti e pertinenti rispetto ai bisogni della collettività» e «tali da determinare un significativo miglioramento della qualità dei servizi erogati e degli interventi». Siamo già a febbraio e dovremmo avere ben chiare le priorità. Riportarle nei documenti di programmazione non sarebbe un esercizio burocratico ma la formalizzazione dell’impegno politico-amministrativo di una classe dirigente nei confronti del Paese.