I temi di NT+Professionisti a cura di Ancrel

Controllo delle società pubbliche e attività del revisore dell'ente locale

di Roberto Camporesi - Rubrica a cura di Ancrel

Nell'ambito di attività di vigilanza e controllo che l'organo di revisione economico finanziaria deve porre in essere particolare attenzione riveste l'attività svolta dalle società partecipate dall'ente locale e in particolare modo, dopo l'entrata in vigore del Tusp, le società che si qualificano «a controllo pubblico».

La funzione di vigilanza e controllo del revisore non trova una specifica disciplina nel testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, ma è desumibile dalle disposizioni generali del Tuel quali l'articolo 239, e 147 quater, 148 bis. Da tali disposizioni è enucleabile il dovere del revisore di monitorare l'andamento degli organismi e delle società partecipati nella misura in cui lo stesso può avere dei riflessi, da un punto di vista economi-co-finanziario, anche sul bilancio dell'ente locale, circostanza desumibile dall'articolo 148-bis, comma 2, secondo cui, ai fini della verifica prevista dal comma 1, le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti accertano, altresì, che i rendiconti degli enti locali tengano conto anche delle partecipazioni in società controllate e alle quali è affidata la gestione di servizi pubblici per la collettività locale e di servizi strumentali all'ente, nonché dall'articolo 147-quater, che impone all'ente locale, nel quadro del sistema dei controlli interni, di definire, secondo la propria autonomia organizzativa, un sistema di controlli sulle società non quotate, partecipate dallo stesso ente locale. La operatività di tali disposizioni è descritta nei Principi di vigilanza e controllo dell'organo di revisione degli enti locali approvati dal Cndec e dalla Fondazione nazionale dei commercialisti, che individua una duplice funzione di controllo dell'organo di revisione di un ente locale in relazione alla gestione degli organismi partecipati: controllo "diretto", in quanto l'organo deve vigilare sul corretto adempimento da parte dell'ente locale degli obblighi imposti direttamente in capo a quest'ultimo dalla legge, dallo statuto, ecc.; controllo "indiretto" in quanto il revisore è chiamato, altresì, a verificare che l'ente locale vigili sul rispetto degli obblighi da parte dei propri organismi partecipati senza, tuttavia, entrare nel merito di tale controllo (Il parere dell'organo di revisione sul riordino delle partecipazioni societarie detenute dall'ente locale di Ottavio Caleo in Rivista Corte Conti n. 2/2022).

Per il revisore diventa essenziale valutare la correttezza della qualificazione della società a controllo pubblico effettuata dall'ente socio, in quanto da ciò discende poi un regime di governance e quindi di verifiche e controlli completamente differenti rispetto alla società partecipate. Tale qualificazione è stata stigmatizzata dalla Corte dei Conti Sezione Autonomie nella propria deliberazione, titolata «Gli organismi partecipati dagli enti territoriali, Relazione 2018 Sommario - Deliberazione n. 23/SEZAUT/2018/FRG» al paragrafo «1.5.1 Società a controllo pubblico» che rileva: «La sussistenza o meno del controllo pubblico è particolarmente rilevante, poiché, (…), le disposizioni derogatorie alla disciplina di diritto comune sono prevalentemente disposte nei confronti di tali tipologie di società. Tra queste, si rammentano: 1. le disposizioni sulla governance di cui all'art. 11, cc. 1-3 e 4-15 (vincolo del numero dei componenti del consiglio di amministrazione, definizione di limiti al trattamento economico degli amministratori, regole sulla incompatibilità/inconferibilità degli incarichi); 2. i principi fondamentali sull'organizzazione e sulla gestione (art. 6); 3. la disciplina delle crisi d'impresa (art. 14, cc. 2 e 3); 4. le regole sulla gestione dei rapporti di lavoro (art. 19, cc. 1-4); 5. i criteri in tema di trasparenza (art. 22). La sussistenza delle condizioni di cui all'art. 2, co. 1, lett. b), d.lgs. n. 175/2016, è necessaria anche per definire il perimetro delle società indirette, che sono quelle detenute da una pubblica amministrazione per il tramite di una società o di altro organismo a controllo pubblico da parte della medesima (art. 2, co. 1, lett. g)».

L'importanza della definizione del controllo pubblico, (basti pensare il rilievo in merito alla individuazione del perimetro delle società sottoponibili alla revisione periodica oggetto di parere ex articolo 239 del Tuel da parte dell'ente locale - si veda al riguardo M. Castellani , A. Formentini "Razionalizzazione periodica delle partecipazioni societarie: il dilemma sul parere dei revisori") - si infrange su tesi contrapposte che solo recentemente stanno trovando una composizione con plurime sentenze del giudice amministrativo.

Il Tar Emilia-Romagna chiamato a esprimersi dall'Agcm (Autorità Garante Concorrenza del Mercato) che ha impugnato due delibere di un ente locale aventi ad oggetto l'approvazione del Piano di razionalizzazione periodica 2020 e 2021 relative alle partecipazioni detenute rispettivamente al 31/12/2019 e 31/12/2020, lamentando che erra l'ente locale a non considerare la propria partecipata indiretta X una società a controllo pubblico congiunto e, di conseguenza, a non inserire le controllate di quest'ultima – e segnatamente Y e la sua controllata Z - nel proprio piano di razionalizzazione periodica delle partecipazioni societarie. Il Giudice felsineo conferma che la controversia va decisa negli stessi termini dei precedenti conformi (articolo 74 del Cpa) con cui il medesimo Tribunale adito (sentenze, Sezione I, 28 dicembre 2020, n. 858 e Sezione I, 9 marzo 2022, n. 25), ha respinto precedenti impugnative proposte dalla parte ricorrente in relazione ad analoghe questioni, evidenziando l'infondatezza dell'ipotesi, sostenuta dall'Agcm, di «controllo pubblico congiunto» da parte dell'ente locale e degli altri due soci enti pubblici, sulla società X e quindi, indirettamente, sulle società Y, e Z. Le motivazioni del giudice amministrativo si allineano già a precedenti sentenze ora sostenute anche dal Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, Sezione V – Sentenza 10 marzo 2023 n. 2543) che riferisce che sebbene sia controversa e non univoca la nozione di «controllo pubblico congiunto» di cui alla lettera m) dell'articolo 2, comma 1, del Dlgs n. 175 del 2016, il dato testuale – che richiama un «potere», in correlazione alla lettera b) del medesimo articolo – e l'interpretazione da più parte datane (Consiglio di Stato, V, 23 gennaio 2019, n. 578; Corte dei conti, Sezioni riunite, 22 maggio 2019, n. 16; Orientamento Mef del 15 febbraio 2018) è tale per cui non è sufficiente a tali fini una semplice sommatoria delle partecipazioni di soggetti pubblici tale da esprimere la maggioranza del capitale sociale – potendosi diversamente conformare e modulare gli assetti di potere nell'ambito degli organi societari – ma occorrono piuttosto, in assenza di un controllo monocratico ex articolo 2359 del Codice civile, atti o accordi che vincolino i soggetti pubblici all'esercizio congiunto delle loro prerogative, così da rendere concreto ed effettivo un potere di controllo pubblico (Consiglio di Stato, n. 578 del 2019, cit., richiamata anche da Consiglio di Stato, III, 3 marzo 2020, n. 1564; Corte dei conti, n. 16 del 2019, cit.), o quanto meno un comportamento concludente dei soci pubblici orientato in tal senso (Orientamento Mef, cit.; in senso diverso, Corte conti, Sezioni riunite di controllo, 20 giugno 2019, n. 11; Anac, delibera 25 settembre 2019, n. 859).

(*) Studio BP – Bologna Rimini

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