Fisco e contabilità

Pnrr, avanza lo scambio con i fondi di coesione per le opere più lunghe

Prosegue il negoziato del governo con la Ue sul coordinamento tra il piano e altri finanziamenti Ue per evitare i rischi di sforamento al 2026

di Gianni Trovati

La partita continua a essere complessa a Bruxelles come in Italia. Ma il negoziato portato avanti dal ministro per il Pnrr Raffaele Fitto sulla revisione del Piano procede spedito verso una proposta che assume una forma sempre più definita. Gli obiettivi del governo sono due, incrociati fra di loro, e puntano a evitare il rischio di sforare il termine al 2026 con una serie di investimenti che faticano a rientrare nel calendario stretto del Piano, e contemporaneamente a dare un’accelerazione netta alla stasi nell’utilizzo dei fondi di coesione che hanno un orizzonte allungato al 2029.

Gli ultimi due tasselli del mosaico sono emersi con l’approvazione definitiva del regolamento del RepowerEu nel consiglio Affari regionali e con la relazione presentata dallo stesso Fitto al consiglio dei ministri che ha tradotto in cifre il disastro nella gestione dei fondi di coesione.

La base di appoggio per la leva usata dal governo italiano è quel «modo più flessibile» in cui «dovrebbero essere impiegati i fondi Ue esistenti» come scritto al punto 15 delle conclusioni del consiglio europeo straordinario del 9 febbraio. Questa «flessibilità» era il cuore delle richieste portate dalla premier Meloni al negoziato di Bruxelles, e il suo inserimento nel testo per compensare la spinta agli aiuti di Stato chiesta e ottenuta dalla Germania e dagli altri Paesi con più margini di bilancio ha aperto lo spazio al processo di revisione italiano.

Il check up chiesto a ministeri e soggetti attuatori sugli investimenti più in difficoltà si sta completando in questi giorni. E i suoi risultati sono destinati a guidare una sorta di scambio fra il Pnrr e gli altri filoni chiamato a collocare ogni investimento sotto il cappello giudicato più adatto sul piano dell’orizzonte temporale; in un panorama che non deve dimenticare il fondo nazionale di sviluppo e coesione, che non ha scadenza. Anche perché, è la convinzione di più di un esponente di punta del governo, verrà il momento per ridiscutere anche il termine del 2026 ma per ora la data è giudicata inamovibile a Bruxelles, per cui è indispensabile presentare modifiche che stiano in piedi con questa griglia. Poi si vedrà.

Ma il punto ora è quello di evitare una doppia beffa: non riuscire a spendere tutti i fondi del Pnrr perché molti progetti esondano dal calendario mentre sul canale parallelo dei fondi di coesione un fiume di risorse si perde per l’incapacità di spenderle. Naturalmente il trasloco guarderà prima di tutto agli investimenti concentrati a Sud, per rispettare le due rigide chiavi di distribuzione che nel Pnrr e soprattutto nelle politiche di coesione riservano le quote dei fondi al Mezzogiorno. Le stesse conclusioni del consiglio europeo sottolineano del resto che la flessibilità nell’uso dei fondi deve essere introdotta «senza minare gli obiettivi della politica di coesione».

Ma c’è un terzo filone, ancora più immediato, che intreccia il groviglio di finanziamenti comunitari arricchito dal RepowerEu. Si tratta dei nuovi aiuti all’economia da assicurare anche dopo il 31 marzo, data di tramonto dei sostegni contro il caro-energia allargati dall’ultima legge di bilancio.

Le quotazioni del gas disegnano un quadro decisamente meno drammatico rispetto a qualche mese fa, e possono aiutare ad allargare anche i margini nazionali per nuovi interventi. Ma nelle intenzioni del governo il RepowerEu dovrà intervenire sul doppio fronte degli aiuti e degli investimenti infrastrutturali: in un quadro inevitabilmente intrecciato con il Pnrr.

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