Amministratori

Sindacati, Anci e costruttori contrari al Ddl sull’autonomia

Dal M5s richiesta ufficiale di un’indagine conoscitiva sui costi del disegno di legge

Il ddl Calderoli sull’autonomia differenziata continua a far discutere. Se da un lato la Lega difende a spada tratta l’operato del ministro, dall’altro si moltiplicano le voci contrarie al provvedimento, a partire da quelle dei sindacati che ieri hanno parlato di scelta «antistorica, competitiva e antisolidaristica» durante una lunga audizione alla commissione Affari Costituzionali del Senato, presenziata per l’intera durata dallo stesso ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli. E, sulla scia dei rilievi espressi due giorni fa dall’Ue («Le proposte per aumentare l’autonomia regionale rischiano di aumentare la complessità del quadro fiscale»), il Movimento 5 Stelle ha chiesto ufficialmente un’indagine conoscitiva sui costi del decreto. Un atto sottoscritto anche da Fratelli d’Italia e Fi che - affermano i pentastellati - «sono ora attesi alla prova dei fatti».

A storcere il naso di fronte al provvedimento, fortemente voluto dal ministro Calderoli e cavallo di battaglia leghista, sono dunque soprattutto i sindacati. La Cgil ha espresso in audizione «forte preoccupazione e contrarietà» paventando peraltro il rischio di «un colpo mortale all’unità e all’identità culturale del Paese» specialmente «con la regionalizzazione della scuola». Per la Uil il disegno di legge rischia di essere «devastante per il Mezzogiorno» e di «scavare un’ulteriore profonda frattura tra Nord e Sud». Più morbida, invece, la posizione della Cisl, secondo la quale «l’autonomia potrebbe migliorare i servizi, se attuata bene». Attenzione però - sottolinea la Confederazione - a «non compromettere la coesione sociale». Tra i più critici al provvedimento c’è anche l’associazione Libera. «Il disegno di legge Calderoli - tuona il responsabile per le politiche sociali, Giuseppe De Marzo - viola i principi costituzionali di solidarietà e uguaglianza. Qualora passasse questa riforma, la garanzia dei diritti su tutto il territorio nazionale sarebbe persa».

Uno dei punti maggiormente discussi è quello dei Lep. Le Regioni, per voce del presidente Massimiliano Fedriga, ribadiscono la necessità che la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni siano «in favore di tutte le Regioni» secondo un principio di «uguaglianza». Sono, invece, ancora quattro i punti critici rilevati dai Comuni che, tramite il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, evidenziano, tra l’altro, il «ridotto coinvolgimento degli enti locali nelle varie fasi di attuazione del processo regolato dal testo». Oltre al fatto che «l’attuazione del regionalismo differenziato sembra prevalentemente privilegiare il conferimento di competenze amministrative e gestionali, piuttosto che le funzioni legislative e programmatorie».

A chiedere, invece, un «quadro nazionale di riferimento» con una «normativa stabile» su tutti i territori sono i costruttori, preoccupati della troppo spesso complicata gestione della legislazione locale. «È importante che ci sia un quadro nazionale di riferimento, che faccia da cornice comune, altrimenti il rischio è che aumenti la conflittualità»: così Massimiliano Musumeci, direttore generale di Ance.

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