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Sul Superbonus rischio edilizia «mordi e fuggi»: 11.563 imprese nate nel secondo semestre 2021

È un dato che offre la misura dell’esplosione dell’attività e dà corpo alle preoccupazioni più volte espresse dai costruttori dell’Ance

di Giorgio Santilli

Nel secondo semestre del 2021 sono nate 11.563 imprese che operano nei settori dell’edilizia privata, in particolare nella costruzione di edifici residenziali e non residenziali (codice Ateco 41) e nei lavori di finitura e in quelli specializzati come impiantistica elettrica e idraulica (codice Ateco 43).

È un dato che offre la misura dell’esplosione dell’attività edilizia e dà corpo alle preoccupazioni, più volte espresse dai costruttori dell’Ance, dell’ingresso nel settore dell’edilizia privata, trainata dal Superbonus e dagli altri crediti di imposta per l’edilizia, di molti soggetti “mordi e fuggi” che non hanno struttura, preparazione e capacità produttiva specifica del settore. A confermare questa interpretazione il dossier dell’Ance fornisce alcuni dati di dettaglio.

Il primo è che il dato della nascita di imprese edili del secondo semestre 2021 è del 50% superiore a quello, pure in crescita, che si era registrato nel secondo semestre del 2020.

Un fatto eccezionale, dunque, che sembra andare molto oltre il traino dato dall’incremento dell’attività del settore.

Il secondo dato che confermerebbe il fenomeno della scarsa strutturazione delle nuove imprese è che il 35% delle imprese neonate vede la partecipazione di soggetti con codice fiscale straniero. Questo suggerisce che una quota consistente di manovalanza e manodopera straniera operante nel settore abbia deciso di mettersi in proprio.

Il terzo dato rilevante è che solo il 25% di queste nuove imprese è rappresentato da società di capitale, mentre il 75% ha una forma imprenditoriale meno strutturata.

Il quarto dato arriva da un’ulteriore indagine campionaria (svolta dall’Ance su 1.660 imprese) per indagare da quale storia imprenditoriale vengano i soggetti che hanno costituito le nuove società. Il risultato è che solo il 39% degli imprenditori che hanno costituito le nuove imprese ha un’altra attività in edilizia e viene da una precedente esperienza imprenditoriale fatta nel settore edile.

Il restante 61% è nuovo al settore dell’edilizia. In particolare il 43% degli imprenditori sono esponenti che hanno iniziato un’attività edile non avendo precedenti esperienze imprenditoriali, mentre il 18% risultano essere esponenti (amministratore unico, socio unico, titolare firmatario, shareolder) in 784 società che non rientrano nei codici Ateco del settore delle costruzioni e arrivano prevalentemente dai settori del commercio all’ingrosso e al dettaglio, dell’agricoltura, della ristorazione e delle attività immobiliari.

Da questi numeri il presidente dell’Ance, Gabriele Buia, ha la conferma dei rischi, più volte denunciati, di una destrutturazione del settore, più di quanto non sia già. Il Superbonus ha moltiplicato in misura esponenziale questi rischi.

«Sappiamo - dice Buia - che per fare il costruttore nel settore privato non serve nessuna qualificazione, chiunque può entrare in attività e questo è un unicum che non vale per nessun altro settore. Per fare il parrucchiere serve un attestato di formazione, per l’edilizia no. Una situazione paradossale che ora rischia di diventare esplosiva, anche sul versante della sicurezza del lavoro, nel momento in cui molti imprenditori “mordi e fuggi” vedono grandi opportunità di business dal Superbonus e dagli altri bonus edilizi».

I rimedi per l’Ance ci sarebbero e sono considerati urgenti. «Abbiamo più volte chiesto - dice Buia - che si introduca per il settore privato un sistema di qualificazione per chi utilizza incentivi fiscali pagati dallo Stato. Un sistema di qualificazione analogo a quello vigente per gli appalti pubblici ma più leggero e comunque solo per lavori di importo superiore a 258mila euro».

Di questa proposta si era parlato nel corso della discussione in Parlamento della legge di bilancio, con il sostegno del presidente della commissione di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, Gianclaudio Bressa, ma era stata stoppata dal Mef per i profili anticoncorrenziali.

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