Amministratori

Consiglio comunale nel periodo pre-elettorale, atti di natura contabile solo se motivati

Dalla pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali che deve avvenire a cura del sindaco 45 giorni prima della data del voto

di Vito A. Bonanno ed Elena Masini

Secondo quanto stabilito dall'articolo 38, comma 5, del Tuel, dalla pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali (che deve avvenire a cura del sindaco quarantacinque giorni prima della data della votazione) il consiglio comunale dovrà limitarsi «ad adottare gli atti urgenti ed improrogabili». La ratio della disposizione normativa (come più volte chiarito dal Consiglio di Stato, ex multis, sentenza n. 6543/2008) «è di impedire eventuali condizionamenti sulla formazione della volontà elettorale dei cittadini, prevenendo ogni possibile interferenza, da parte degli organi elettivi in scadenza, sul libero svolgimento della competizione elettorale». Pertanto, nel periodo intercorrente tra la data del 28 aprile e quella di insediamento dei nuovi organi eletti, la competenza dell'organo consiliare è limitata esclusivamente all'adozione degli atti per i quali sussistano scadenze fissate improrogabilmente dalla legge e/o la cui mancata adozione cagioni un danno rilevante per l'amministrazione comunale.

La prevalente giurisprudenza precisa che la preclusione disposta dalla norma opera solamente con riguardo a quelle fattispecie in cui il consiglio comunale è chiamato a operare in pieno esercizio di discrezionalità e senza interferenze con i diritti fondamentali dell'individuo riconosciuti e protetti dalla fonte normativa superiore. Quando invece l'organo consiliare è chiamato a pronunciarsi su questioni vincolate nell'an, nel quando e nel quomodo e che, inoltre, coinvolgano diritti primari dell'individuo, l'esercizio del potere non può essere rinviato (Tar Puglia n. 382/2004). É precisato, inoltre, che il carattere di atti urgenti e improrogabili possa essere riconosciuto agli atti «… per i quali è previsto un termine perentorio e decadenziale, superato il quale viene meno il potere di emetterli, ovvero essi divengono inutili, cioè inidonei a realizzare la funzione per la quale devono essere formati … o hanno un'utilità di gran lunga inferiore » (Tar Veneto n.1118 del 2012). Ne consegue, come più volte sottolineato dal ministero dell'Interno, che tali atti non sono previamente individuabili «ratione materiae», ma la ricorrenza dei presupposti dell'urgenza e improrogabilità deve valutarsi caso per caso, alla luce dei criteri ermeneutici sopra esplicitati.

La giurisprudenza ha, infatti, affermato che la sussistenza del presupposto dell'improrogabilità e dell'urgenza dell'atto «costituisce apprezzamento di merito insindacabile in sede di giurisdizione di legittimità, se non sotto il limitato profilo della inesistenza del necessario apparato motivazionale, ovvero della palese irrazionalità od illogicità della motivazione addotta» (sentenza Tar Friuli Venezia Giulia, n. 585 del 2006, confermata in appello dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 6543/2008). Si tratta valutazioni afferenti alla sfera di competenza del consiglio comunale e rientranti nell'esclusiva responsabilità politica dell'organo collegiale, come ha chiarito il ministero dell'Interno nella circolare n. 2/2006, le quali debbono trovare riscontro nell'apparato istruttorio delle proposte di deliberazione sottoposte all'esame del consiglio comunale, essendo compito precipuo dei dirigenti o responsabili di servizio evidenziare in ciascuna proposta gli elementi di fatto e/o di diritto a supporto della sussistenza dell'urgenza e/o dell'improrogabilità della deliberazione, tenendo presente «il criterio interpretativo di fondo che pone, quali elementi costitutivi della fattispecie, scadenze fissate improrogabilmente dalla legge e/o il rilevante danno per l'amministrazione comunale che deriverebbe da un ritardo nel provvedere» (parere DAIT 19 luglio 2018).

Con riguardo agli atti di rilevanza finanziaria, se non sussistono particolari dubbi circa la possibilità di approvare il rendiconto della gestione e, in caso di esercizio provvisorio, il bilancio di previsione la cui scadenza per legge è stata posticipata al 31 maggio, risultano più problematiche altre fattispecie. In materia di riconoscimento della legittimità di debiti fuori bilancio, non sembrano sussistere criticità nell'ipotesi di sentenze esecutive (lettera a) dell'articolo 194 del Tuel), nel caso in cui il potere consiliare risulta vincolato nell'an e nel quantum e il ritardato riconoscimento può esporre l'ente all'esecuzione forzata, soprattutto in presenza dell'avvenuta notifica del titolo in forma esecutiva con decorrenza del termine di cui all'articolo 14 del Dl 669/1996. Al contrario non sussistono i presupposti per trattare le fattispecie di cui alla lettera e) del medesimo articolo 194 del Tuel, in quanto in tali casi si è in presenza di un potere discrezionale e non vincolato, il cui mancato esercizio può dar luogo eventualmente ad un'azione avverso l'inerzia procedimentale. Più complesse risultano, invece, le valutazioni sull'ammissibilità, in caso di indisponibilità di risorse negli stanziamenti del bilancio di previsione, di proposte di variazioni di bilancio.

Solo laddove la proposta abbia a oggetto la copertura di una spesa obbligatoria da effettuare entro precisi termini fissati dalla legge o la cui mancata o ritardata effettuazione comporti un danno per l'amministrazione, la variazione rientra tra quelle urgenti e improrogabili che il legislatore consente di approvare anche nel periodo di neutralità elettorale. Negli altri casi, non è possibile far ricorso alla variazione del bilancio. Tale divieto non risulta eludibile nemmeno attraverso l'esercizio di analoghi poteri assegnati dalla legge alla giunta municipale. Si fa riferimento, in primo luogo, alla variazione in via d'urgenza adotta ai sensi dell'articolo 175, comma 4, del Tuel. Se è vero che le limitazioni alla potestà deliberativa riguardano esclusivamente il consiglio comunale, non può non evidenziarsi che la fattispecie in esame nasce claudicante in quanto l'atto è soggetto, comunque, a ratifica da parte del consiglio comunale. Qualora, in base ad una valutazione sostanziale di merito, il neo insediato consiglio comunale ritenesse non sussistenti i presupposti per l'esercizio del potere in via d'urgenza da parte della giunta ovvero non condividesse nel merito le spese autorizzate, potrebbe non ratificare la variazione. Si verrebbe così a configurare, secondo un orientamento giurisprudenziale maggioritario, una fattispecie di debito fuori bilancio, da imputare - in caso di mancato riconoscimento dell'utilità ed arricchimento per l'ente locale - esclusivamente in capo al funzionario che ha ordinato la prestazione ai sensi dell'articolo 191, comma 4, del Tuel. Analogamente, laddove non si tratti di spesa obbligatoria o soggetta a scadenza, non si ritiene percorribile per dare copertura finanziaria alla spesa il ricorso al prelievo dal fondo di riserva, dovendo prevalere una interpretazione sostanziale che consente il ricorso a tale strumento esclusivamente nell'ipotesi di sottostima di spese comunque programmate in bilancio, e non già come finanziamento di spese che non trovano alcuna legittimazione negli strumenti di programmazione, in primis il Dup.

Una lettura formalistica della norma potrebbe giustificare anche azioni che comportano l'azzeramento della parte disponibile del fondo di riserva per dare copertura a spese non obbligatorie, legate a scelte politiche dell'amministrazione in scadenza in contrasto con lo spirito e la ratio dell'articolo 38, comma 5 del Tuel. Nella soluzione dei casi dubbi, soccorre quanto recentemente evidenziato dal Dait nel parere 4 febbraio 2020, secondo cui la ratio della norma è finalizzata «a riservare alla nuova assemblea, espressione attuale della volontà popolare, le scelte e le decisioni riguardanti i futuri assetti dell'ente; sicché in questo periodo di transizione l'organo consiliare può approvare solo gli atti essenziali ed indifferibili, imposti dalla necessaria continuità dell'azione amministrativa».

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