Personale

Revoca della posizione organizzativa, basta una sanzione disciplinare

Per motivare il provvedimento revocatorio è sufficiente il mero richiamo al presupposto oggettivo che giustifica la risoluzioneI punti chiave

Pietro Alessio Palumbo

Gli atti di gestione del rapporto di impiego contrattualizzato sono espressione dei poteri propri del datore di lavoro privato, con la conseguenza che il rispetto dell'obbligo di motivazione imposto dalla legge o dalla contrattazione collettiva va misurato, da un lato sulla natura dell'atto e sugli effetti che lo stesso produce, dall'altro sui principi di correttezza e buona fede ai quali nello svolgimento del rapporto di lavoro è obbligato ad attenersi sia il dipendente pubblico che il suo ente datore di lavoro. Secondo la Corte di Cassazione (orinanza 24122/2022) nell'impiego pubblico privatizzato gli atti di gestione del rapporto non hanno natura autoritativa e, pertanto, in caso di violazione di obblighi che abbiano dato luogo a un provvedimento disciplinare è consentita la revoca della posizione organizzativa con una motivazione, che diversamente dalla disciplina generale sugli atti amministrativi, può limitarsi unicamente a dare atto di una punizione disciplinare.

La motivazione imposta dalla contrattazione collettiva non si modella su quella degli atti amministrativi, e per questo non è applicabile la disciplina generale secondo la quale la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione in relazione alle risultanze dell'istruttoria.

La disciplina del conferimento e della revoca delle posizioni organizzative al personale non dirigenziale prevede che gli incarichi in parola possono essere revocati prima della scadenza a seguito di: inosservanza di direttive contenute nell'atto di conferimento; intervenuti mutamenti organizzativi; accertamento di risultati negativi; violazione di obblighi che abbiano dato luogo ad alcune tipologie di sanzioni disciplinari.

Pertanto la motivazione del provvedimento si modella diversamente a seconda delle diverse ipotesi che giustificano la revoca. E di conseguenza se per la violazione delle direttive occorre l'indicazione degli ordini violati, per i risultati negativi la menzione dei dati dai quali il giudizio è stato tratto, per la modifica organizzativa il richiamo ai provvedimenti che quella riorganizzazione hanno attuato, per la sanzione disciplinare è sufficiente la menzione del provvedimento con cui la stessa è stata irrogata. Non è invece necessario che il datore dia conto anche delle ragioni per le quali ha ritenuto di dover esercitare il potere discrezionale, perché le valutazioni che rientrano nella discrezionalità sono comunque incensurabili e la loro esplicitazione risulterebbe priva di finalità.

In altri termini la motivazione dell'atto espressione di un potere datoriale privato si atteggia diversamente a seconda della funzione dell'atto del quale si discute; sicché se in tema di conferimento di un incarico si rende necessaria una valutazione comparativa degli aspiranti alla nomina, in relazione agli atti risolutivi del rapporto può ritenersi sufficiente il mero richiamo al presupposto oggettivo che giustifica la risoluzione.

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