Personale

Pensionati Pa, rispunta la deroga d’élite

Torna nel Dl Pnrr la deroga che permette incarichi di vertice (ben) retribuiti

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Nel decreto Pnrr ter che arriverà domani in consiglio dei ministri rispunta la norma che permette incarichi di vertice retribuiti nella Pa ai pensionati. La regola, presentata dal governo ma poi espunta per inammissibilità nell’esame al Senato del Milleproroghe, torna quindi subito in campo. E apre una serie di deroghe al limite fissati dalla riforma Madia, che ai titolari di pensione permette solo di prestare servizio ai vertici della Pa con incarichi gratuiti di durata annuale.

L’eccezione, nel testo preparato dal governo, apre alla retribuzione, e alla durata pluriennale, «gli incarichi di vertice presso enti, istituti o aziende di carattere nazionale, di competenza dell’amministrazione statale, conferiti da organi costituzionali previo parere favorevole delle competenti commissioni parlamentari»: norma su misura, quindi, ma ampia.

La discussione nei giorni scorsi si è concentrata soprattutto su Istat e Cnel, entrambi guidati (oggi a titolo gratuito) da presidenti pensionati e in regime di prorogatio dopo la scadenza dei loro mandati. Ma al di là dei due casi già finiti sotto i riflettori, possono essere molte le poltrone nobili potenzialmente occupate dai pensionati: perché tra gli «organi costituzionali» autori delle nomine c’è ovviamente anche il governo, che in molti casi deve poi far passare la proposta dalle commissioni del Parlamento. È il caso, giusto per fare un esempio, di molte agenzie ministeriali, oltre che delle Authority.

La platea potenziale, insomma, è ristretta ma non troppo. Ma in ogni caso la norma segna una distinzione rispetto alla maggioranza degli altri incarichi pubblici, che in caso di assegnazione a pensionati resterebbero gratuiti e annuali. Il rischio, insomma, è quello di un contenzioso potenzialmente molto ampio. Tanto più che non è semplice trovare una ratio sistemica per questo intervento: la giustificazione è solo abbozzata attraverso una scadenza che chiuderebbe la deroga a fine 2026, e rimanda a un presunto legame con le esigenze di attuazione del Pnrr che però non è semplice da sostenere.

Il collegamento con il Piano giustificherebbe l’inserimento della nuova regola nel decreto dedicato al Pnrr. Ma la scelta potrebbe rappresentare solo un gancio per successivi tentativi parlamentari: non è difficile infatti immaginare le pressioni su questo o quel partito per allargare il campo degli incarichi di vertice ben retribuiti a chi avrebbe già raggiunto la soglia anagrafica per andare a riposo.

Che l’interesse sia alto è del resto dimostrato dal fatto che la regola sembra aver superato anche il rigido vaglio che ha già parecchio alleggerito il decreto. Dalla raccolta dei desiderata ministeriali era infatti nato un testo gigantesco, di circa 85 articoli, che avrebbe trasformato la riforma della governance del Piano nel più classico dei provvedimenti omnibus.

Così non sarà. Il testo esaminato ieri dai tecnici del preconsiglio si ferma a 55 articoli, con l’impianto più lineare e concentrato sulla spinta all’attuazione del Piano che è stato definito sotto la regia del ministro al Pnrr Raffaele Fitto. La mossa ha permesso di accantonare le ipotesi, circolate anche ieri, di ulteriori spacchettamenti, anche se come spesso accade qualche passaggio potrebbe aver bisogno di un affinamento ulteriore dopo la riunione di giovedì.

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