Amministratori

Cassazione, la nomina dell'organismo indipendente di valutazione in violazione della legge è abuso d'ufficio

La condotta del sindaco si è sostanziata nella violazione di specifiche disposizioni di legge primaria

di Amedeo Di Filippo

Nel reato di abuso d'ufficio, la prova del dolo intenzionale che qualifica la fattispecie non richiede l'accertamento dell'accordo collusivo con la persona che si intende favorire, ben potendo essere desunta anche da altri elementi quali, ad esempio, la macroscopica illegittimità dell'atto. Con questo principio la sesta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 30127/2021, ha condannato un sindaco che aveva nominato i componenti dell'organismo indipendente di valutazione in violazione dell'iter procedurale tracciato dal Dlgs 150/2009.

Il fatto
È stato contestato al sindaco di avere nominato i componenti dell'Oiv in violazione del regolamento interno e del Dlgs 150/2009, essendo stata la nomina disposta in assenza del parere preventivo della Civit – ora sostituita dall'Anac – e in mancanza in capo ai nominati dei requisiti prescritti. Nel riconoscere la responsabilità del sindaco, la Corte territoriale ha anche appurato che la nomina era stata effettuata col chiaro intento di favorire persone a lui gradite in quanto appartenenti alla stessa coalizione elettorale, nonostante la segnalazione effettuata dalla stessa Civit e il conseguente invito alla revoca e alla rinnovazione della procedura.

La violazione
Nel dichiarare inammissibile il ricorso, la Cassazione conferma che le nomine sono state effettuate in aperta violazione della legge, laddove prescrive che l'amministrazione proceda alla nomina dell'Oiv sentita la Civit, che definisce i requisiti per la nomina. Violazione di legge che non può disconoscersi alla luce del fatto che il regolamento comunale riconosce al sindaco il potere discrezionale di nominare i componenti, atteso che detta discrezionalità amministrativa avrebbe potuto essere validamente esercitata soltanto all'esito dell'iter procedurale tracciato dal Dlgs 150/2009, che appunto postula la preventiva acquisizione del parere obbligatorio, sebbene non vincolante, della commissione nazionale.

L'abuso di ufficio
La difesa ha anche proposto una particolare lettura dell'articolo 323 del codice penale, come riscritto dal Dl 76/2020, che ha ridotto il perimetro dell'incriminazione, imputando il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che abbia agito non più in violazione di norme di legge o di regolamento ma «di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità». Secondo la Suprema Corte, la modifica normativa non è tale da comportare alcun riverbero nel caso di specie, posto che la condotta del sindaco si è sostanziata nella violazione di specifiche disposizioni di legge primaria, tese a disciplinare la procedura di nomina dei componenti dell'Oiv, la cui osservanza non era certamente rimessa alla discrezionalità del pubblico ufficiale.
Nemmeno può essere contestata la mancanza di prova del dolo del reato, in quanto il primo cittadino da un lato non si era attivato a seguito della segnalazione della Civit, dall'altro aveva inequivocabilmente favorito suoi sodali politici, in spregio all'obiettivo di perseguimento del prevalente interesse pubblico, evenienza questa che secondo i giudici avrebbe degradato il dolo intenzionale a mero dolo diretto o eventuale.

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