Amministratori

Partecipate in dissesto, divieto di ricapitalizzazione senza effettivi sbocchi operativi

Operazione consentita nella misura del minimo legale salvo ragioni speciali

di Ciro D'Aries e Alberto Ventura

La Corte dei conti, Sezione di Controllo del Lazio, delibera n. 76/2022, con riferimento al quesito di una Provincia sul coordinamento applicativo dell'articolo 2447 del codice civile con lo stato di dissesto finanziario di una società pubblica, riconducibile alla previsione dell'articolo 14, comma 5 del Tusp, ha ritenuto necessario, data la specifica casistica attinente alla possibilità dell'ente di ricapitalizzare la società per un ammontare superiore al mimino legale del capitale sociale, dover analizzare il quadro sistematico della normativa civilistica con quella pubblicistica che regola la crisi dell'impresa societaria e il divieto di soccorso finanziario.

La ricapitalizzazione del capitale
L'articolo 2447 del codice civile stabilisce che se la società dovesse incorrere in perdite, superiori al terzo del capitale sociale, che riducono il capitale al di sotto del minimo legale, l'organo amministrativo deve senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale sociale e il contemporaneo aumento del medesimo «a una cifra non inferiore al minimo», o la trasformazione della società. In mancanza di tali due ipotesi la società si scioglie. Pertanto, nei casi di riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale, la società partecipata e, per essa, il socio pubblico, nel caso di società a partecipazione pubblica, sono chiamati a effettuare una scelta discrezionale tra le seguenti alternative:
• scioglimento della società mediante avvio della fase di liquidazione;
• trasformazione della società, ad esempio da Spa in Srl, sempre che il valore del capitale sociale residuo non sia inferiore al minimo previsto per il tipo societario prescelto;
• conservazione della società mediante ricapitalizzazione a una cifra non inferiore al minimo previsto dalla legge.

Le ipotesi di soccorso finanziario
Con l'introduzione dell'articolo 14, comma 5, del Tusp, il Legislatore ha sancito - nell'ottica del contenimento e della razionalizzazione della spesa pubblica, ma anche nel rispetto della concorrenzialità del mercato - il venir meno del presupposto di «salvaguardia obbligatoria» degli organismi pubblici in condizione di irrimediabile dissesto, prevedendo, di fatto, un preciso «divieto al soccorso finanziario» consistente nell'erogazione da parte dell'ente locale di erogazioni finanziarie, anche a fondo perduto, dirette a ripianare gli squilibri della società partecipata (Corte dei conti, Sezionedi Controllo del Lazio, n. 66/2018; Corte dei conti, Sezione di controllo del Lazio, 1/2019).
Tutto ciò fatte salve due ipotesi richiamate dai commi dell'articolo 14 del Tusp:
• la prima, regolata dai commi 2-4 del predetto articolo, ascrivibile ai casi in cui emergano «uno o più indicatori di crisi aziendale» della società che potrebbe ricevere dall'ente socio qualsiasi forma di soccorso finanziario, a condizione che lo stesso sia programmato nell'ambito di un idoneo piano di risanamento dal quale risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico della società;
• la seconda - regolata al comma 5 dell'articolo e attinente al caso di perdite per tre esercizi consecutivi - che si presta ed essere più restrittiva, dato il caso di un occorsa e profonda crisi della società a partecipazione pubblica, limitando gli aumenti di capitale e/o i «trasferimenti straordinari» in favore della società solo quando i medesimi risultino previsti da un piano di risanamento approvato (non solo) dalla società, ma anche dall'Autorità di regolazione del settore, ove esista, e comunicato alla Corte dei conti. Il piano deve essere idoneo ad assicurare il raggiungimento dell'equilibrio finanziario entro tre anni.

Il coordinamento fra codice civile e testo unico
Alla luce delle finalità perseguite dal Legislatore - ovvero di razionalizzazione ed efficienza della spesa pubblica - appare logico comprendere il motivo che la locuzione «salvo quanto previsto dall'art. 2447 c.c.» sia stata posto all'interno dell'articolo 14, comma 5 della legge Madia per subordinare il ripristino del capitale sociale minimo alla sussistenza di effettive prospettive di risanamento della società a partecipazione pubblica in crisi "grave", evitando, così di fatto, possibili e sistematiche ricapitalizzazioni di società in accertato o evidente stato di decozione che non sono più in grado di proseguire utilmente (Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo Lombardia, n. 106/2017).
La ricapitalizzazione della società a partecipazione pubblica, quale strumento di conservazione dell'impresa in stato di crisi "grave", può ammettersi solo e soltanto in presenza di un'operazione adottata per mezzo di un idoneo piano di risanamento. Piano che, ricorda la Corte dei conti, dovendo essere autorizzato anche dall'Autorità di regolazione del settore, laddove previsto, conferisce all'operazione la necessaria attendibilità/fattibilità economico-finanziaria sulla cui base il socio pubblico può iniettare nuove risorse finanziarie per il risanamento della società, riducendo, in tal modo, il rischio di non consentite erogazioni finanziarie a fondo perduto, inefficaci rispetto agli obiettivi previsti dal legislatore. In ogni caso, l'asseverazione del Piano appare doverosa.

Conclusioni
Alla luce del chiaro coordinamento operato dal Legislatore fra la norma codicistica e le norme di finanza pubblica, nel caso di società a partecipazione pubblica l'azione di ricapitalizzazione della società in perdita trova un preciso limite, di carattere antielusivo, da intendersi quale divieto a ricapitalizzazioni di società in crisi grave senza effettivi sbocchi operativi. L'eventuale ricapitalizzazione, ammissibile solo nell'ambito di un idoneo piano di risanamento, dovrà attestarsi nella misura del minimo legale, salve ragioni speciali, previste o comunque rinvenibili nel piano di risanamento, idonee a giustificare, nel caso concreto, una ricapitalizzazione superiore che dovrà, pertanto, essere analiticamente motivata dall'ente socio (articolo 5, comma 1, del Tusp), previo un idoneo approfondimento istruttorio diretto a evidenziare le ragioni della ricapitalizzazione e di quelle che, eccezionalmente, inducano a effettuarla in misura superiore al minimo legale.

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