Urbanistica

Inerti da demolizione, Ance: necessario aprire nuovi siti di trasformazione e recupero

I costruttori: bene l'iter veloce per gli impianti mobili, ma serve anche una modulistica semplificata

di M.Fr.

In Italia ci sono tra i 2.000 e i 3.000 impianti, tra fissi e mobili, per la trasformazione e il riutilizzo dei materiali inerti, con una maggiore presenza di impianti di riciclo inerti nel Centro-Nord (Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Veneto, Trentino e Toscana). La stima è emersa nel corso dell'audizione parlamentare di oggi dell'Ance presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati. «È evidente - ha sottolineato il presidente della Consulta nazionale delle specializzazioni dell'Ance Piero Petrucco - che dove sono presenti maggiori impianti di recupero minore è, in proporzione, il conferimento in discarica, ma al tempo stesso è innegabile che laddove mancano o non sono sufficienti le strutture abilitate al recupero, sarà invece sempre maggiore lo smaltimento».

Guardando al progressivo aumento di intervento edilizio sull'ambiente costruito e sull'orientamento complessivo europeo che spinge verso la transizione ecologica, i costruttori dell'Ance segnalano la necessità di potenziare la rete e la struttura dei siti di conferimento degli inerti per la loro trasformazione e riutilizzo. Un obiettivo che, secondo gli imprenditori edili, va perseguito agendo su tre direttrici: implementare la dotazione impiantistica dedicata al recupero dei rifiuti; delineare un sistema regolatorio stabile e certo che possa rappresentare un quadro di riferimento per gli operatori; sviluppare una cultura del recupero, superando la persistente diffidenza o non conoscenza della qualità dei materiali recuperati.

In particolare sul primo punto, i costruttori segnalano l'iter semplificato per l'autorizzazione degli impianti mobili, come previsto dal decreto semplificazioni. «Siamo infatti convinti - sostiene Petrucco - che in questo modo si incentiva il reimpiego di materiali recuperati, si tutelano le materie prime vergini e si riduce l'impronta carbonica dei processi di cantiere». «Nella prassi, infatti, - aggiunge il rappresentante dei costruttori - riscontriamo spesso casi in cui gli impianti di trattamento dei rifiuti si trovano distanti dai cantieri, con la conseguenza che per portarvi i rifiuti occorre percorrere lunghi tragitti, producendo nuove emissioni e quindi ulteriore inquinamento. Al contrario agevolare il recupero già all'interno del cantiere, là dove possibile, consente di incrementare la percentuale di rifiuti recuperati e ridurne drasticamente il trasporto, con evidenti benefici sotto il profilo ambientale».

La novità del Dl semplificazioni va nella direzione giusta ma per i costruttori occorre fare di più. «Sono necessari interventi ancora più coraggiosi volti a rimuovere quegli ostacoli che di fatto limitano la capacità del nostro paese di recuperare, vanno quindi riviste e soprattutto aggiornate le norme contenute nel Codice dell'ambiente relativamente alle operazioni di recupero. Occorre, in particolare, aggiornare il sistema autorizzatorio, non solo troppo complesso, ma soprattutto legato a norme, prescrizioni, limiti, tecnologie che hanno oltre 20 anni (es. DM 5 febbraio 1998) e che quindi spesso lo rendono inadeguato alle esigenze di oggi». Il suggerimento è quello di «introdurre una modulistica unificata per le autorizzazioni ambientali, in analogia ad esempio a quanto recentemente previsto per le bonifiche». «L'obiettivo - spiega Petrucco - dovrebbe essere quello di definire i modelli unici e i contenuti minimi della documentazione da allegare ai fini del rilascio di un'autorizzazione per il recupero dei rifiuti, così come predisporre degli schemi delle autorizzazioni stesse. Tale previsione rappresenterebbe un utile supporto: per i proponenti privati, ai fini della presentazione dell'istanza; per la pubblica amministrazione, nell'esame della richiesta e nel rilascio dell'autorizzazione».

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