Appalti: sulle gare aggiudicate prima frenata a dicembre, tra gli enti in testa Rfi
Cresme Europa Servizi: +30,8% per i comuni (da 3,3 a 4,3 miliardi) e +39,6% dei gestori di reti e servizi pubblici locali (da 3,5 a 4,9 miliardi)
Il 2022 ha segnato un nuovo record storico delle aggiudicazioni, dopo quello del 2021 a 47,8 miliardi, con un importo affidato di 53.149 milioni di euro ma la vera sorpresa è la prima brusca frenata registrata nel mese di dicembre quando sono stati aggiudicati appalti per soli 3.115 milioni dopo i 6,4 miliardi di novembre, i 7,1 miliardi di ottobre, dopo il periodo maggio-settembre in cui si era viaggiato a una media superiore ai 5 miliardi.
Si potrebbe semplicemente commentare che il settore tira fisiologicamente il fiato dopo la grande galoppata da inizio anno e come ragionamento ci starebbe. Così come si potrebbe dire che il mese di dicembre ha registrato un importo devastante di opere messe in gara, con bandi per 20,9 miliardi e che forse tutte le stazioni appaltanti erano troppo impegnate per mettere in cascina altre procedure per nuovi record del 2023 (complice anche la scadenza del 31 dicembre per prendere i fondi di copertura degli extracosti delle «opere indifferibili»). Considerazioni che hanno certamente una loro solidità.
Ma il momento, si sa, è particolare con il Pnrr continuamente sotto i riflettori perché considerato in bilico fra il “fare” e il “non fare”, con il rischio serio che quel Piano - e tutto quello che si porta dietro - si impantani perché, soddisfatti gli obiettivi di carta, quindi i bandi, bisogna passare all’azione, finire i progetti esecutivi e aprire i cantieri.
È in questo clima - spinto anche dal Governo che ripete da mesi che una larga parte del Pnrr rischia seriamente di bloccarsi o almeno impantanarsi - che la caduta verticale delle aggiudicazioni a dicembre costituisce un campanello di allarme. Bisognerà verificarlo, ovviamente, nei 3-4 mesi prossimi per capire se la macchina sta comunque correndo, come dicono i numeri sui bandi di gara, e si è solo fermata un attimo ai box per riprendere subito la corsa. Oppure se il dato delle aggiudicazioni di dicembre rappresenta una crepa destinata a diventare una brusca frenata per il 2023.
Tutto fa pensare, dai numeri e dalle analisi, che si tratti di un rallentamento momentaneo, ma bisognerà capire bene come stanno le cose. I dati dell’Osservatorio Cresme, da cui arrivano i dati consuntivi del 2022, dovranno essere interrogati nei prossimi mesi per sciogliere il dubbio.
La ripartizione per tipologia di enti appaltanti evidenzia il fervore delle economie territoriali, con un +30,8% delle aggiudicazioni dei comuni (da 3,3 a 4,3 miliardi) e un +39,6% dei gestori di reti e servizi pubblici locali (da 3,5 a 4,9 miliardi). Performance straordinaria anche degli «entri centrali», categoria in cui, trainati dal Pnrr, rientrano non solo le amministrazioni ministeriali ma anche i loro bracci societari operativi, a partire da Invitalia: l’aumento è del 146,2% e si passa da 6.945 a 17.097 milioni di euro aggiudicati.
Fra le stazioni appaltanti settoriali resta sempre largamente in testa il settore ferroviario, trainato da Rfi, con 10.766 milioni, comunque lontani dai 15.257 milioni del 2021. Qui hanno pesato molto i rallentamenti dovuti agli extracosti, con la ripetizione di molti bandi di gara per aggiornare prezzari e quadri economici delle opere. Il dato dei bandi qui va letto alla rovescia: lo svolgimento delle gare dimostra che la macchina si è prontamente rimessa in moto e marcia veloce dopo aver assorbito un impatto fortissimo sui costi. Il buon giudizio che danno le imprese del settore costruzioni del committente ferroviario lo conferma. Bene l’Anas che cresce del 7,3% arrivando a 4.426 milioni di euro.