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Sisma in Centro Italia, la ricostruzione costerà 30 miliardi

Il commissario Giovanni Legnini: 4mila cantieri aperti solo nell'ultimo anno

di Michele Romano

Costerà poco più di 30 miliardi la ricostruzione nelle aree dell'Italia Centrale, che comprende 138 comuni tra Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, due terzi dei quali destinati a quella pubblica. Si partiva da una stima iniziale della protezione civile di 16,4 miliardi, che comprendeva anche le spese per l'emergenza, e quella offerta oggi dalla struttura commissariale, a 6 anni dal sisma dell'agosto 2016 e frutto di un lavoro edificio per edificio, può considerarsi definitiva perché comprende anche 4 miliardi generati dai rincari delle materie prime e dell'energia. Invece, non è ancora possibile stabilire quando la ricostruzione potrà dirsi conclusa, obiettivo dipendente solo dalla presentazione dei progetti e dal conseguente avvio dei cantieri. Si parlava del 2048 se il passo fosse stato quello dei primi 4 anni.

«Tutto quello che si doveva semplificare sul piano delle procedure è stato fatto, così come ciò che si doveva mettere a disposizione di enti locali e Regioni», dice il commissario straordinario Giovanni Legnini, presentando il rapporto semestrale sullo stato dell'arte, il quarto della sua gestione.Grazie alle rilevanti misure di semplificazione, avanza la ricostruzione degli edifici privati: oltre 22.600 le richieste presentate per 7,7 miliardi (con 4,3 miliardi già impegnati) sulle 50 mila stimate, circa 7 mila aperti dei quali 4 mila nell'ultimo anno, 7.256 sono quelli già conclusi, con la riconsegna di 16.520 mila singole unità immobiliari. Anche l'attività dei cantieri pubblici, nell'ultimo anno, procede spedita: dei 1.967 interventi finanziati (4.631 le segnalazioni), 231 sono stati conclusi, mentre a fine giugno i cantieri al lavoro erano 295 e 651 interventi sono in fase di progettazione e c'è «una fondata previsione di apertura nei prossimi sei mesi di circa mille cantieri pubblici», metà dei quali relativi agli interventi finanziati dal Piano nazionale complementare per le aree sisma. Numeri che danno complessivamente l'idea di un percorso che finalmente procede con regole chiare e risorse definite, anche grazie a una «governance istituzionale multilivello che funziona».

Sarebbero stati «più consistenti» se non ci fosse stata la congiuntura rappresentata dall'esplosione dei prezzi delle materie prime ("sono stati adeguati") e dell'energia e la saturazione del mercato dell'edilizia. Numeri che fanno dire a Legnini che si è passati dalla ricostruzione all'avvio di «un robusto programma di rigenerazione e di rilancio economico sociale dell'Appennino centrale», sostenuto dalle risorse del Fondo complementare al PNRR, pari a 1 miliardo e 780 milioni, che si aggiungono ai 160 milioni del Contratto istituzionale di sviluppo già concluso e ai 70 di risparmi provenienti dalla Camera dei Deputati, il cui utilizzo è ancora da programmare. Numeri che il commissario presenta comunque nella consapevolezza che 27 mila progetti di ricostruzione privata devono ancora essere redatti. «Venite a lavorare nel grande cantiere del Centro Italia – è l'appello del commissario agli oltre 23 mila tecnici abilitati (solo 3.352 hanno presentato finora progetti) e alle imprese edili (2.700 quelle che operano nelle 4 regioni) – perché non esiste altrove un cantiere simile, finanziato da denaro pubblico, dove le procedure sono affidabile e i flussi monetari così veloci».

Il mandato di Legnini scadrà a fine anno e il commissario, che ha avuto con i governi Conte 2 e Draghi «un ottimo e collaborativo rapporto», dice di aspettare questa scadenza «con estrema serenità», forte di chi si è misurato in questi anni «con la sofferenza e i bisogni di cittadini e imprenditori». Allungare lo stato di emergenza e dar vita al codice della ricostruzione, con la creazione di un dipartimento che subentri alla protezione civile dopo ogni emergenza, sono molto più che i suoi suggerimenti al prossimo governo. Sono il metodo di lavoro collaudato per non ricominciare ogni volta daccapo.

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