Urbanistica

Basta la Dia per creare una cantina all'interno del garage

Il Tar Lazio boccia la diffida del Comune che chiedeva alla proprietaria di dotarsi di un permesso di costruire

di Davide Madeddu

Per i lavori interni di un edificio, in area non vincolata, e che non determinino un aumento di volumetria è sufficiente la Dia. Con questa argomentazione il Tar del Lazio, con la sentenza n. 3689/2023, ha accolto il ricorso di una donna cui l'amministrazione comunale aveva inviato una diffida dall'avviare alcuni interventi nel garage della sua abitazione. La donna, con Dia presentata al Comune, aveva programmato l'intervento consistente nella «divisione del garage posto al piano seminterrato dell'immobile, attraverso semplici opere interne di demolizione e ricostruzione di tre tramezzi. In particolare l'intervento era diretto a ricavare, previa riduzione della originaria superficie del garage, un locale magazzino».

Per gli uffici comunali, che hanno inviato la diffida, la donna si sarebbe dovuta munire di «un permesso di costruire e considerando l'opera come una variazione essenziale che comportava una trasformazione urbanistica del bene». Quindi il ricorso al Tar contro il provvedimento dell'amministrazione comunale.

Per i giudici il provvedimento del Comune non è giustificato. «Risulta invero dagli atti come l'intervento de quo sia consistito in un mero spostamento di tramezzi al piano seminterrato dell'immobile, senza che vi sia prova di alcuna variazione essenziale, tale da imporre la richiesta del necessario titolo edilizio maggiore - scrivono nel dispositivo -. Del resto, è noto che gli interventi in questione sono realizzabili fuori dei centri storici mediante semplice Dia, laddove comportino un mero mutamento della destinazione d'uso all'interno di una stessa categoria omogenea e qualora si sostanziano in mere modifiche interne che non comportino alcuna incidenza sul carico urbanistico del bene».

Non solo, per i giudici il provvedimento «fonda l'ordine inibitorio su di una motivazione oltremodo generica e laconica, considerando apoditticamente le opere quali interventi di ristrutturazione edilizia ai sensi dell'articolo 10 del Dpr 380/2001, senza che vi sia stata alcuna istruttoria ovvero alcuna prova circa la dedotta realizzazione di variazioni essenziali del bene ovvero mutamenti degli standard urbanistici di legge». Compito dell'amministrazione sarebbe stato quello, scrivono ancora i giudici di «più congruamente valutare la più compiuta situazione inerente all'immobile de quo, tra cui la zona in cui ricadeva l'intervento, le categorie urbanistiche coinvolte e la destinazione ante e post opera, segnatamente alla luce della apparente esiguità delle opere effettivamente realizzate».

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