Appalti

Riforma appalti: Il Ddl slitta ancora al Senato, lite tra governo e maggioranza

La modifica più insidiosa è quella che riguarda il ruolo del Consiglio di Stato

di G. Sa.

Ancora tensione altissima e ancora uno slittamento per la riforma degli appalti al Senato. Continua il braccio di ferro fra il governo, che intende blindare il più possibile il testo della delega, e la maggioranza che si vede annacquate a più riprese le proposte di modifica e risponde allungando i tempi della discussione. Gli originari emendamenti presentati dalle forze politiche, spesso con unanimità o larga convergenza, sono stati prima costretti al ritiro su pressione del governo o ridimensionati dal parere del ministero delle Infrastrutture, poi in molti casi bloccati o ulteriormente ridimensionati dai pareri della commissione Bilancio sull’articolo 81 (mancanza di copertura) concordati con Mef e Ragioneria generale. In altri casi il governo ha invitato ancora al ritiro, chiudendo di fatto quasi tutti gli spazi di mediazione. Restano sul tavolo ancora sei proposte su cui il braccio di ferro continua.

Oltre alla tensione palpabile fra governo e maggioranza, è emersa una differenza di linea all’interno del governo: da una parte il ministero delle Infrastrutture, più dialogante e convinto di riuscire a portare a casa un buon testo in accordo con la maggioranza; dall’altra l’asse Palazzo Chigi-Mef sempre più insofferente e intransigente nei lavori parlamentari, che vorrebbe procedere spedito con blindature e colpi di acceleratore.

Ieri si sarebbe dovuto cominciare a votare, dopo altre riunioni di maggioranza, ma ancora una volta - come succede da inizio settimana - tutto è stato rinviato, a lunedì prossimo. «Questo tempo servirà a capire la posizione del governo sulle proposte avanzate dai gruppi, credo sia la normale dialettica tra Parlamento e governo e credo che sia giusto ribadire il ruolo del Parlamento», ha detto Andrea Cioffi (M5s), relatore con Simona Pergreffi (Lega).

Ecco nel dettaglio gli emendamenti di cui si discute. L’1.49, voluto dalla Lega punta a creare maggiori spazi per le imprese piccole e micro, anche con corsie preferenziali territoriali: il governo tira in ballo principi Ue, difficile che passi. L’emendamento 1.72, su cui convergono tutte le forze politiche, punta a vietare il sorteggio per selezionare le imprese da invitare alle procedure negoziate. Il governo ha già respinto varie volte la proposta, ma potrebbe passare. L’1.94 è l’emendamento Margiotta (Pd) che prevede l’obbligo per le stazioni appaltanti di introdurre meccanismi di revisione prezzi: larga convergenza, molto difficile per il governo resistere dopo aver ottenuto il via libera dalla commissione Bilancio; l’1.228, altro emendamento leghista, ma su cui convergono le altre forze politiche, fa sparire il massimo ribasso. L’1.301 è un emendamento di dettaglio e poco rilevante di Forza Italia. Infine l’emendamento 1.365 di M5s su cui converge la Lega: è il più insidioso sul piano politico, cancella la previsione che sia il Consiglio di Stato a scrivere il codice appalti. Vera bomba politica perché costringerebbe Draghi a fare una clamorosa marcia indietro dopo l’annuncio fatto una settimana fa che a scrivere il codice sarà proprio il Consiglio di Stato. Sarebbe un attacco al premier che non resterebbe senza conseguenze. Proprio per questo è difficile che passi.

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