Fisco e contabilità

Imu, in coda per il saldo - Versamenti da 11 miliardi

Scade martedì il termine per pagare la seconda parte dell’imposta

di Giuseppe Latour e Giovanni Parente

Ultimi giorni per il saldo Imu. Entro martedì prossimo, 16 dicembre, saranno chiamati all’ultimo versamento circa 25 milioni di immobili che a giugno hanno già pagato l’anticipo. Alla cassa non andranno le abitazioni principali (ad eccezione delle case di lusso, in categoria A/1, A/8 e A/9), ma tutte le altre tipologie di immobili.

Quindi, soprattutto le seconde case (circa 5,8 milioni) e quelle in affitto (altri 3,6 milioni) o in comodato gratuito (poco più di 700mila). Ma nell’elenco vanno considerati anche altri immobili, come i negozi, gli uffici, gli studi e i capannoni, con aliquote variabili da Comune a Comune anche se, sempre più spesso (soprattutto nei grandi centri), tutte allineate ai massimi consentiti per legge.

Dal punto di vista pratico, il calcolo del saldo è piuttosto semplice: andrà versata una somma identica a quella già pagata a giugno, a meno che nel frattempo non ci siano state variazioni di aliquota. Quindi, a livello complessivo, se la prima rata valeva 11 miliardi circa, il saldo ne porterà altri 11 nelle casse di Comuni e Stato. I primi incasseranno circa 18 miliardi di euro, la parte nettamente prevalente delle entrate legate all’imposta, mentre allo Stato andranno le entrate collegate agli immobili produttivi e terziari in categoria D. Il loro gettito pesa poco meno di 4 miliardi di euro.

Nel gioco dei conteggi pesano diversi fattori, ad esempio se l’immobile è vuoto o affittato. In alcuni casi, infatti, l’aliquota comunale cambia a seconda dell’utilizzo dell’immobile e quella massima si spinge fino all’1,14 per cento. In generale, comunque, le variabili che incidono sul calcolo dell’imposta sono due: la rendita catastale e l’aliquota comunale. La rendita, nel caso di abitazioni, dovrà quindi essere rivalutata e moltiplicata per il coefficiente di rivalutazione (rendita x 1,05 x 160). Su questo importo (che corrisponde al valore catastale) va applicata l’aliquota comunale. Ipotizzando un’aliquota dell’1,06% e una rendita di 800 euro, il risultato è 1.424,64; da sottolineare che, in questo esempio, il valore catastale andrà moltiplicato per 0,0106, che corrisponde all’aliquota. Questo importo andrà diviso per due (712,32 euro): metà all’anticipo e metà al saldo di dicembre.

Guardando ai fattori di questo calcolo, è piuttosto raro che nel tempo cambi la rendita catastale: il caso principale di aggiornamento (non molto frequente) è l’aggiunta di un vano o anche una ristrutturazione molto incisiva (come quelle agevolate con il superbonus e oggetto recentemente di verifiche delle Entrate). Più facile, invece, che ci siano variazioni sull’aliquota ma, anche in questo caso, accade che spesso queste, come detto, siano già ai massimi.

Le modifiche di aliquota sono, comunque, un’ipotesi molto più frequente, come dicono anche i dati elaborati dalla società di software Bluenext. Il motivo è che soprattutto i Comuni piccoli hanno ancora qualche margine di manovra. Bonfiglio Mariotti, presidente Bluenext racconta: «Ogni delibera è analizzata da esperti del settore, codificata nella banca dati e pronta per estrapolazioni in diversi formati, per rispondere alle esigenze di professionisti, imprese e software house».

Al momento, andato ai numeri, sul sito del dipartimento delle Finanze sono conteggiate poco meno di 7.700 delibere con l’aggiornamento delle aliquote Imu per il 2025. Una parte significativa di queste è di aumento. I sindaci che hanno modificato in aumento almeno un’aliquota rispetto a quella applicabile per il 2024 sono 1.108. A fare da contrappeso a questo numero, però, ci sono 671 amministrazioni che hanno comunicato una diminuzione di almeno un’aliquota. In 155 casi, invece, ci sono state manovre che hanno utilizzato entrambe le leve: aumento di alcune aliquote e diminuzione di altre.

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