Urbanistica

Abusi edilizi, attenzione all'occhio di «Google earth»: vale come prova

Corte di Cassazione penale. Spetta al proprietario provare la diversa collocazione temporale dell'opera

La tecnologia è un grande strumento, anche nelle mani delle amministrazioni locali a caccia di abusi edilizi. "Smanettando" con Google earth il comune ha contestato al proprietario immobiliare la realizzazione di una pertinenza edilizia, nel caso specifico una piscina, di cui si contesta la mancata richiesta di compatibilità paesaggistica. A nulla è valso il ricorso dell'interessato, il quale sosteneva che l'opera era ormai caduta in prescrizione in quanto realizzata in epoca anteriore a quella che risultava dalla "visura" di Google. Il ricorso - che sostanzialmente verteva sulla collocazione temporale del manufatto edilizio - è stato respinto in tutti i gradi di giudizio, anche perché il ricorrente ha scelto di non fornire prove di quanto affermato, limitandosi a contestare la validità della rilevazione effettuata dall'ente locale senza altro tipo di accertamento.

I giudici della Cassazione - Sezione Terza Penale, sentenza 29 dicembre 2020 n. 37611 - non solo hanno confermato la validità documentale dello strumento ma hanno anche confermato che spetta all'interessato fornire la prova dell'eventuale esistenza del manufatto edilizio in epoca anteriore a quella e documentata da Google earth. «Conseguentemente - si legge nella sentenza - laddove la sentenza impugnata ha specificato che, sicuramente non esistente il manufatto nella data del (omissis), la ultimazione della stessa, tale da segnare il momento consumativo dei reati, doveva essere collocata al momento dell'accertamento in data (omissis), quale dato risultante dagli atti (si' che, alla data della sentenza, la causa estintiva non era ancora intervenuta), incombeva ed incombe sul ricorrente, come correttamente ricordato dai giudici di appello, l'onere di allegare elementi dai quali ricavare una diversa ed anteriore datazione tale da condurre a ritenere superato il termine di prescrizione. I ricorrenti, invece, preso atto dell'intervenuto accertamento della presenza del manufatto per il tramite di immagini tratte dal software Google Earth, si sono limitati, senza porre in discussione la data dell'accertamento, a contestare che da esse potesse desumersi lo stato di usura dei materiali e, quindi, la recente o meno realizzazione delle stesse, senza dunque adempiere all'onere loro imposto».

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