Personale

Abuso d'uffico all'ente che non verifica l'impossibilità oggettiva di utilizzare il proprio personale già in servizio

La Corte di cassazione stringe le maglie sull'ipotesi di reato

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di Amedeo Di Filippo

Ai fini dell'integrazione del reato di abuso d'ufficio può assumere rilievo anche la violazione di norme sub-primarie, qualora esse si risolvano nella specificazione tecnica di una regola già compiutamente definita dalla legge. Lo afferma la sesta sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza n. 33240/2021.

Il fatto
La Corte di appello ha confermato il giudizio di responsabilità per il reato di abuso d'ufficio nei riguardi di un dirigente comunale per essersi astenuto dal predisporre il bando di gara e dal presiedere la commissione esaminatrice di valutazione dei curricula pervenuti, che ha dichiarato vincitrice una sua congiunta, poi assunta con contratto di Co.co.co. Incarico prorogato per due volte. Questi ha proposto ricorso per cassazione articolando cinque motivi, il terzo dei quali deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di penale responsabilità in relazione all'articolo 7 del Dlgs 165/2001. La sesta sezione penale della Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza, perché il reato è estinto per prescrizione, e conferma le statuizioni civili.

Le norme
Il comma 6 dell'articolo 7 prevede che per specifiche esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire esclusivamente incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, a esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:
a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, a obiettivi e progetti specifici e determinati ed essere coerente con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente;
b) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga dell'incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell'incarico.
Si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti di collaborazione per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell'arte, dello spettacolo, dei mestieri artigianali o dell'attività informatica.

L'abuso
Nel caso di specie, l'incaricata non era in possesso di laurea magistrale e il giudice territoriale ha statuito che l'incarico non potesse prescindere dalla «comprovata specializzazione universitaria»in ragione dello svolgimento di un'attività informatica. Ma la Cassazione si ferma su un altro punto, dirimente, che prescinde dalla necessità o meno del titolo di studio: l'amministrazione non ha verificato l'impossibilità oggettiva di utilizzare il proprio personale già in servizio. Lesione che comporta «una frontale e diretta violazione di legge». La riforma dell'abuso d'ufficio operata dal Dl 76/2020 ha inciso sullo spettro applicativo limitandolo sia sul versante della rilevanza degli atti discrezionali che delle norme di legge che costituiscono il parametro della violazione richiesta. È stata infatti esclusa la rilevanza della violazione di norme contenute all'interno di regolamenti ma è necessario verificare, per la Suprema Corte, se, in ragione dei rinvii, ci siano margini per attrarre all'interno dei parametri di qualificazione della condotta abusiva anche la violazione di norme sub-primarie emanate in forza della legge, usate quindi come norme interposte. Nel caso di specie, l'articolo 7, comma 6, del Dlgs 165/2001 ha una propria autonoma specifica tipicità descrittiva quando richiede che gli esperti a cui conferire gli incarichi abbiano una comprovata specializzazione anche universitaria. Per questo i giudici non hanno dubbi sulla configurabilità del requisito del danno ingiusto, atteso che i contratti stipulati prevedevano la corresponsione di un compenso patrimoniale a cui la nipote del dirigente non aveva diritto.

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